sabato 1 ottobre 2011

I CAMEL - Prima Parte

Innanzi tutto bentrovati!
E' passato davvero troppo tempo dall'ultimo post e spero non vi siate dimenticati di me!

Le alterne vicende della mia esistenza mi hanno tenuto lontano da queste pagine creando un'involontaria aridità della mia vena descrittiva.
Spero di ritornare gradualmente ai miei standards abituali, ma questo dovrete dirmelo voi!


Durante una delle mie solite scorribande alla ricerca di qualcosa di nuovo, mi recai nel negozio di Cesarini a Napoli (era il 1977 ed allora era a Largo Celebrano) e chiesi al commesso, buon esperto di musica di tutti i tipi, se vi fosse qualcosa di nuovo da ascoltare.
Mi mise in mano un album con la cover che vedete qui a lato.
Con la ormai rinomata spocchia che contraddistingue i progger, ed ancora pervaso da quella inutile tendenza ad etichettare tutto, gli chiesi che genere suonavano.
"Un pò Genesis e un pò Pink Floyd" - mi disse per convincermi ad ascoltarlo. Mi conosceva e sapeva che occorreva darmi dei parametri di confronto di un qualche valore per me elevato. E non era poi così lontano dal vero!


E' strano come io abbia conosciuto i Camel con un brano il cui titolo in italiano significa 'prima luce'.


 


Con mia grande sorpresa mi accorsi che l'album era inciso dalla DECCA, che allora era famosa per l'equilibrio dinamico delle sue registrazioni, essendo inserita nel circuito della musica classica, e questo mi dispose positivamente.
Verificare che fra i musicisti ci fosse Mel Collins, stimatissimo fiatista dei King Crimson, mi diede un ulteriore motivo per mettermi comodo, indossare le cuffie e capirci qualcosa di più.

Fin dalle prime note mi sorprese il grande equilibrio della band: nessuno dei musicisti sembrava orientare il sound e lo stile di suonare i fraseggi con più strumenti, invece che con uno solo, mi affascinò.
Così come apprezzai immediatamente il drumming sofisticato e preciso di Andy Ward, perfetto esempio del batterista prog, che supporta tutto il brano e accenta ora su uno strumento e ora su un altro, ma con venature jazzy davvero piacevoli! 
Mi aspettavo che prima o poi ci fosse una parte cantata, ma fui ben contento di non rinvenirla.
E... sobbalzai letteralmente dalla sedia quando, dopo l'interludio, ascoltai la chitarra di Andy Latimer aprire (e poi arricchire) il solo di sax intenso e stilisticamente perfetto di Collins!
La sensazione positiva che provai è del tutto simile a quella che provo ancora oggi quando lo ascolto: è come se fluisse più aria nei miei polmoni, e più ossigeno al cervello! Potremmo definirla impropriamente "ampia soddisfazione"?

Soltanto con un successivo approfondimento scoprii che i Camel venivano fuori da quella che allora era chiamata 'Canterbury Scene', ed erano un'evoluzione più easy (intesa in senso NON  dispregiativo) di Hatfield and the North e National Health, band che avevano influenze più spiccatamente jazzrock. In particolare il bassista Richard Sinclair, che a partire da Rain Dances andò a sostituire Doug Ferguson, aveva militato nei primi citati e nei Caravan, altra band di spicco del filone, con sonorità più affini a quelle dei Camel.

Rain Dances è un album di enorme respiro, ricco di sfumature morbide e sofisticate, una miscela sapientemente dosata di elettronica, ritmiche complesse e splendidi solo di tutti gli strumenti. 
A mio modo di vedere rappresenta l'apice della maturità compositiva dei Camel, sebbene molti estimatori di questa band lo considerino l'inizio della decadenza.




In questo brano si possono ascoltare notevoli reminiscenze delle influenze jazzrock dei National Health e anche in questo caso gli interventi di chitarra e sassofono sono di estrema, elegante efficacia!

Effettivamente lo stile della band a partire da questo album subì una piccola trasformazione... come si evince dall'ascolto del brano che segue, tratto dal loro secondo album:





Qui il sound è un pò più duro e spigoloso, sebbene siano evidenti le caratteristiche principali della band: vocalism caldo, ritmiche ricercate e gran lavoro di chitarra e tastiere.

In realtà il cambiamento non fu immediato, ma progressivo, come si evince dal mirabile esempio seguente:





Bellissima intro, grande Latimer al flauto, splendido lavoro di Ward che supporta tutto il refrain con un drumming sempre ricco e ricercato. Lo splendido lavoro di chitarra, in 'Rhyader Goes to Town' genera una forte emozione, non trovate?
L'album era la trasposizione in musica di un libro di Paul Gallico intitolato appunto 'The Snow Goose'. Lo scrittore però impose che il titolo recasse la dicitura "Music inspired by" per problemi di copyright.


L'ingresso di Sinclair e la collaborazione di Collins (allora ancora inteso come sessionman, poi divenuto ospite fisso) non solo portarono i Camel a ridurre la lunghezza dei brani, ma completarono il processo di orientamento ad un sound con sonorità più morbide, ma sempre di grande intensità.





Bellissimo non è vero? Il brano parte intensissimo, con la chitarra che urla sulle tastiere e sul basso, il tutto supportato, come sempre meticolosamente, dalla batteria!
Osservate come è sempre tutto molto bilanciato, sebbene la chitarra sia pressoché dominante. Solo i grandi riescono a farlo!

Se Collins in questo brano si era riposato, nel successivo, del quale posso postarvi soltanto il riferimento del  link perchè non è permesso l'embedding, si esprime alla grandissima!

http://youtu.be/XmZlPAvaMwI

Il brano ha una struttura rimica piuttosto complessa: dopo l'intro parte un micidiale l9/8, termina con un 11/8 e l'intermezzo è un mix di altri tempi dispari (potrei aver contato male...)! Il tutto però fluisce all'ascolto  con grazia, energia e un feeling meraviglioso! Ribadisco... solo i grandi riescono a farlo!

Dopo il mediocre I Can See Your House From Here i Camel ripercorsero la strada del concept con Nude





Sebbene, secondo la mia opinione, non all'altezza di The Snow Goose e degli altri lavori del periodo d'oro, forse anche per la defezione del tastierista Peter Bardens (scomparso prematuramente nel 2002 per un tumore al cervello), l'album ha degli ottimi momenti, e vide il ritorno (seppure solo per questo album) di Ward dietro ai tamburi, dopo l'incidente che gli aveva leso i tendini di una mano. Successivamente il batterista, a causa di gravi problemi mentali, dovette abbandonare nuovamente il gruppo.

Nel frattempo pare che incominciassero beghe con la casa discografica, che esigeva una maggiore presenza sul mercato ed obbligava Latimer e compagni a pubblicare lavori di cui non erano convinti o soddisfatti.
Dopo alcune uscite decisamente discutibili (fatta eccezione per Stationary Traveller che aveva qualche buon momento) i Camel scomparvero definitivamente dalla scena e Latimer si trasferì in California per ritrovare tranquillità ed ispirazione. Vi riuscì?
Beh... di questo parlerò la prossima volta!

Per ora, se vi ha fatto piacere il mio ritorno, datemi un cenno!

Per la seconda parte di questo argomento:

http://proglessons.blogspot.it/2012/05/i-camel-seconda-parte.html

La "Gong Dinasty" - part 2





Rieccoci a parlare dei Gong, o per meglio dire, del repentino passaggio dalla band anticonformista, fuori degli schemi e per certi versi un pò pazzoide di Allen a quella più inquadrata, conformista e moderata di Moerlen.

Come spesso accade in campo artistico, quando un'opera assorbe tutte le energie del suo creatore, quest'ultimo ne viene fuori come prosciugato, annichilito e incapace di riproporre qualcosa di altrettanto valido.
Questo è quello che dev'essere successo ai Gong di Daevid Allen all'indomani dell'uscita di You.
Il lack of creativity successivo alla trilogia Planete Gong portò la band a disgregarsi a causa delle differenze di vedute su come proseguire il cammino, anche a fronte della  mancanza di ispirazione.

A questo punto Pierre Moerlen (mi domando perchè siano quasi sempre i batteristi a prendere le redini in mano: vedi Phil Collins, Nick D'Virgilio, Neal Peart, Mike Portnoy, etc.) orientò i residui componenti della band (fuoriusciti ormai Allen, Hillage, Smyth e Blake) verso un gruppo prevalentemente strumentale, più fusion oriented dove le percussioni armoniche (vibrafono, marimba, xilofono e glockenspiel) erano dominanti, ma vi era ancora ampio spazio per i fiati di Malherbe e la chitarra di un mito della scena mondiale: Allan Holdsworth.






Ecco un esempio di cosa intendevo per percussioni armoniche dominanti!
In tutto il brano, come tessuto connettivo dei singoli assoli, vi è uno scrosciare di note prodotte da vibrafono, marimba e glockenspiel che si rincorrono e contrappuntano creando un'ambientazione quasi mistica!

In Shamal oltre ai brani di innegabile ispirazione fusion vi sono anche perle dal sapore magico ed evocativo come la seguente.





Come avrete avuto modo di ascoltare, anche in questo caso gli idiofoni costituiscono tutto il tappeto armonico che in altri casi viene suonato dal pianoforte, dando un incredibile sensazione magica, orientale ed allo stesso tempo calda e avvolgente.

In questo i Pierre Moerlen's Gong, come si chiamarono successivamente, furono innovativi e sorprendenti.

Ascoltate il brano di apertura di Gazeuse! quanto è energico, con Holdsworth in evidenza supportato dalla moltitudine di percussioni ritmiche (che congas!) e armoniche.





L'assolo di chitarra che parte al minuto 1.10 è splendido nella sua interezza, così come gli interventi di sax di Malherbe e le splendide soluzioni ritmiche di Moerlen.

Purtroppo la vena creativa della band non si rivelò molto prolifica e i successivi lavori non furono sempre all'altezza del valore dei musicisti che la componevano, tutti molto dotati tecnicamente, ma probabilmente limitati artisticamente dalla leadership di Moerlen.

Nell'album Downwind Moerlen chiese l'intervento di un altro grande nome della musica mondiale.
La collaborazione con Mike Oldfield portò ad un album più prog oriented la cui perla di maggior splendore è la title track.




E' impossibile non far caso alle affinità con il mitico Tubular Bells, specie nella parte centrale a partire dal minuto 1,40 dove, sebbene ancora una volta siano le percussioni armoniche a farla da padrone con quegli arpeggi intrecciati tanto cari alla band, la chitarra di Oldfield conferisce allo sviluppo del brano un'apertura aulica, solenne e contemporaneamente malinconica.
Ma ancora una volta è Moerlen a riprendere alla grande il tema del brano con interventi percussivi di estrema efficacia, ancora una volta puliti, precisi, dinamici e mai eccessivi.
Batteristi con questa sensibilità, ribadisco ancora, si contano sulla punta delle dita!
Nel finale prestate attenzione ai pregevoli  interventi di sax dell'inossidabile Malherbe.

Vi lascio con quello che, a mio modo di vedere, è il brano che maggiormente rappresenta questa band di struttura così atipica, di grande sensibilità, seppure di genialità di molte volte inferiore ai Gong originari.

Ascoltate attentamente, e per intero, questo brano perchè è un insieme di fasi di eccezionale efficacia e bellezza.



L'inizio soft e malinconico, si protrae fino al break con cadenza rock, per dare spazio alla soffice ed eterea distesa di note sulle percussioni armoniche che porta al break nervoso, con quella fuga fra marimba, vibrafono e glockenspiel.... che splendida realizzazione di una fantastica idea!

Il successivo attacco di batteria di Moerlen strappa l'emozione, tanto è preciso ed efficace!
E tutto il brano si dipana su un lavoro incredibile di percussioni e batteria, con le percussioni armoniche sempre in fuga, in incastro continuo fra loro!
Splendido e coinvolgente, non è vero?

Ma ciò che sorprende maggiormente è l'assolo di batteria
Ormai mi conoscete... non sono molto amante degli assoli di batteria (pur essendo io stesso un batterista amatoriale), specie quelli orientati a 'guardate cosa so fare', impostati sulla velocità e sugli inutili tecnicismi.
Questo è l'assolo più 'armonico' che abbia mai sentito!
Se lo ascoltate attentamente comprenderete che tecnicamente è tutt'altro che semplice, con quelle continue variazioni di dinamica, gli accenti e tutto il resto.
Ma osservate come non si perda mai la sensazione del tema del brano in tutta la sua esecuzione! 
Mi dà un pò noia dirlo (perchè va ad alimentare la ben nota spocchia dei musicisti jazz), ma soltanto i batteristi jazz sviluppano questa peculiarità, perchè in genere i loro assoli non sono orientati ad ostentare tecnica e velocità, ma sono parte integrante del brano stesso (a tale scopo potreste ascoltare 'Take Five' di Dave Brubeck per comprendere appieno ciò che intendo dire)!
Qui Moerlen dimostra di aver compreso come utilizzare gli studi jazz in questo genere musicale!

A mio modo di vedere questo è l'unico modo in cui possa presenziare un assolo di batteria in un brano.
Gli altri sono esercizi di tecnica fini a se stessi, avulsi dal contesto del brano e quindi inutili dal punto di vista creativo/emotivo.

Alla prossima!

domenica 11 settembre 2011

La "Gong Dinasty" - part 1


Gong
I Gong sono la manifestazione tangibile di quanto la casualità regoli le nostre vite... oppure di quanto si sia inconsciamente desiderosi di qualcosa, per cui le nostre energie, anche inconsapevolmente, sono impiegate in quella direzione e generano gli eventi che consideriamo 'casuali'. 
Delle due l'una...

Daevid Allen, musicista originario di Melbourne e al tempo residente in Inghilterra, era in procinto di tornare dalla Francia dopo un tour trionfale, insieme con i suoi Soft Machine,  ma fu bloccato a Dover per irregolarità dei documenti e dovette ritornare a Parigi.
Qui conobbe Gilli Smyth, professoressa alla Sorbona, e con lei diede vita al primo nucleo dei Gong.

In realtà inizialmente i Gong, come i King Crimson, erano un progetto musicale nell'ambito del quale si avvicendavano diversi musicisti i cui fattori comuni erano l'anticonformismo e la grande voglia di cimentarsi musicalmente in qualcosa di nuovo. Gilli e Daevid furono persino considerati elementi pericolosi e costretti a trasferirsi a Maiorca, dove conobbero Didier Malherbe, sassofonista poi divenuto storico del gruppo, che allora viveva in una grotta!
Soltanto a partire da Flying Teapot si ebbe una maggiore stabilità dei componenti del gruppo, ma rimasero presenti gli interventi 'esterni'. Da tener presente che in origine, nelle note di copertina, i musicisti venivano elencati con pseudonimi, nomignoli o riferimenti alla mitologia Gong, pertanto non era facile stabilire chi fossero in realtà. Soltanto dopo un pò di tempo si riuscì a comporre il mosaico!

Ovviamente alla base di tutto c'era la visonaria mitologia del Pianeta Gong, dove gli Octave Doctors regolavano e modificavano le vite dei terrestri attraverso le onde musicali.
Durante tutta la famosa trilogia, che parte dall'album The Flying Teapot e termina con lo stratosferico You, la musica è ricca di effetti space, glissando di chitarra (tecnica mutuata da Syd Barrett), bisbiglii sussurrati e urlati (tecnica inventata dalla Smyth che lei stessa chiamò space whispers), ritmiche forsennate e assoli jazz e rock oriented.





Ecco... in questo brano ci sono tutte le caratteristiche che ho citato prima!
Splendidi assoli di sax, ritmiche sostenute, bisbiglii e quel lungo finale sorprendente con percussioni e batteria! Erano tutti musicisti di alto livello e non facevano fatica a dimostrarlo.

Nel breve spazio di soli 3 album (4 se vogliamo includere anche Camembert Electrique, uscito prima della trilogiai Gong furono in grado di creare uno stile di musica così particolare da non poter essere mai più imitato.
Perfino gli Ozric Tentacles, da tutti riconosciuti fra i più ispirati emuli dei Gong, non sono riusciti a restituire l'ambientazione musicale originaria, così ricca di magia, esoterismo e sensualità... come si evidenzia nel prossimo brano, caratterizzato da una lunga intro space, a cui si sostituisce una ritmica soft su cui si appoggiano le chitarre liquide di Allen e Steve Hillage, con quell'effetto feedback così suggestivo!





A mio modo di vedere i Gong crebbero musicalmente nel corso della trilogia.
Infatti You, che è l'album che ci conduce al termine dell'avventura di Zero the Hero, sebbene anch'esso permeato di humor e qualche divertissment, ha un sound più maturo e tutti i musicisti si esprimono con maggiore efficacia.





Prestate attenzione in apertura agli space whispers di Gilli su quel tappeto di suoni spaziali.... che magia!
E quel pattern di basso che sale fino al lungo, sorprendente ed efficacissimo attacco di batteria del compianto Pierre Moerlen... ne sentirete pochi con questo gusto musicale!

E quando urla "Everyhwere" (che sensualità!) e parte l'assolo di Didier Malherbe sale un brivido lungo la schiena, non è vero?

Al minuto 7.00 si fa vivo Daevid con i suoi glissando, per poi lasciare il posto alla chitarra di Hilage, sul tappeto sonoro di tastiere, effetti speciali, vibrafono e il basso continuo e incisivo di Mike Howlett, che sale di tonalità fino a giungere all'improvviso break finale. Eccezionale davvero!

You dovrei proporvelo praticamente per intero, tanto è denso di ottima musica ispirata, visionaria, corposa ed intensa emotivamente!





I-AO ZA-I ZA-O MA-I MA-O TA-I TA-O NOW 
è il glorious Om riff che invoca sessualità, istinto materno e potenza della luce.
Anche in questo caso l'intro e l'attacco sono micidiali, poi il brano prosegue con quel giro di basso potente e solenne e sopra il sax e le chitarre in un susseguirsi di forti emozioni e incastri sonori!

Termino questa prima parte con l'ultimo estratto da questo album eccezionale che non posso evitare di inserire per la sua ambientazione eterea, spaziale e intimista al tempo stesso.





In questo caso abbiamo un continuo crescendo, che parte da eterei effetti spaziali, fino a giungere allo splendido assolo di Malherbe, che si alterna fra sax e flauto e ci porta al termine di questo magico brano.

Come spesso citato per altre band, anche in questo caso, questi erano gli unici veri Gong. Tutte le altre formazioni precedenti e successive, compreso quelle guidate dallo stesso Allen, non sono mai riuscite a riproporre la stessa musica ispirata e visionaria.


Questo non significa che il resto fosse tutto da buttar via...
Ma, se avrete voglia di seguirmi, ne parleremo al prossimo post!


Ciao!

lunedì 29 agosto 2011

Mark I e Mark II: Quando qualcuno cambia strada.

Ciao a tutti.
Dopo la (lunga) pausa estiva e in una veste grafica un pò modificata, proviamo a ripartire con un argomento davvero spinoso... tanto per sentire quella benefica scarica di adrenalina che ci indurrà ad abbandonare l'aspetto placido e rilassato derivante dal lungo, dolce far niente (per chi eventualmente avesse potuto beneficiare davvero di tale meravigliosa pratica ormai in via di estinzione...)!

Capita sovente che in una band, nonostante agli occhi dei più tutto sembri andare a gonfie vele, c'è qualche frizione interna, una punta di insoddisfazione di uno dei componenti (talvolta capita ad uno dei musicisti, ma più spesso al frontman) che man mano cresce fino a diventare talmente insopportabile da portare alla separazione.

Le analogie con un rapporto sentimentale ci sono tutte... e non deve sorprendere! Spesso i componenti di una band hanno condiviso perfino il cibo prima di giungere al successo e si sentono davvero molto legati fra loro! 

Proviamo a comprendere insieme quando e perchè ciò accade e quali ripercussioni possono esservi sul gruppo e sui fans. 

In alcuni casi non vi sono ripercussioni: i King Crimson hanno cambiato spessissimo il loro organico, ma nessuno si è mai lamentato eccessivamente che fosse andato via Greg Lake dopo i primi due albums, oppure che la sezione ritmica Levin/Bruford sia stata soppiantata, in tempi più recenti, da quella Gunn/Mastellotto, o di altre mutazioni.
Ciò accade perchè i King Crimson sono sempre stati visti come una moltitudine di sudditi alla corte di Bob Fripp, pertanto i seguaci del 'Re Cremisi' sono sempre fiduciosi delle scelte fatte dal loro 'monarca'. 
Ed in linea di massima non hanno tutti i torti. Basti pensare ai vari musicisti, a parte quelli già citati, che si sono avvicendati in questo contesto: Mike Giles, Keith Tippett, Jon Anderson, John Wetton, Adrian Belew, Ian Mc Donald, Mel Collins, etc... e alle recenti collaborazioni con Steven Wilson e Gavin Harrison dei Porcupine Tree!

Anche per gli Yes gli avvicendamenti e i ripescaggi sono stati così frequenti che non sembra esservi stata mai grande sofferenza. Tranne forse quando Rick Wakeman decise di abbandonare il gruppo per dedicarsi alla sua carriera solista. Ma anche in quel caso fu sostituito alla grande da Patrick Moraz, che non fece rimpiangere a lungo il virtuoso tastierista dai lunghi capelli d'oro.
Le successive mutazioni con gli ex-Buggles, le formazioni doppie o eventuali AWBH (che peraltro produssero un album decente) non le considero nel contesto.


In altri casi la separazione è talmente traumatica che i nostri beniamini sentono il bisogno di trasmetterci il loro stato d'animo attraverso l'unico canale che possa metterli in comunicazione mentale con noi fans: la musica.





I Pink Floyd si sono portati dietro per tutta la loro esistenza la volontaria (quanto necessaria!) esclusione di Syd Barrett dalla band. I sensi di colpa di Waters e Gilmour, suoi ottimi amici fino alla fine, si manifestano nel mirabile album Wish You Were Here, da cui è tratto il brano di cui sopra.
Syd era completamente fuori di testa e ostacolava il loro cammino verso il successo, pertanto i quattro membri, di comune accordo con i produttori, decisero che occorreva disfarsene, nonostante l'amicizia che li legava da molti anni.

Se vi capitasse di trovarvi fra le mani il libro Rosso Floyd di Michele Mari (recentemente regalatomi dalle mie figliole) troverete ardite interpretazioni di decine di potenziali riferimenti a Syd, lungo tutta la loro carriera.
Il libro si basa su molti fatti reali, ma l'autore ne elabora connessioni di pura fantasia, seppure spesso plausibili. Per quanto generalmente non gradito ai fans, io lo considero un simpatico esercizio di stile.
In ogni caso è innegabile che i Pink Floyd abbiano tratto grande giovamento dall'inserimento di Gilmour e la sua chitarra blues oriented.

La successiva defezione di Waters, dovuta ai continui litigi con Gilmour, fu un evento più rabbioso che doloroso, articolatosi in un lunghissimo periodo di interminabili battaglie legali.
Waters avrebbe voluto orientare socio/politicamente tutta la produzione del gruppo, esasperando musicalmente la presenza di sezioni orchestrali, Gilmour, essendo di estrazione blues, voleva mantenere tutto come era.
Waters asseriva che il nome Pink Floyd non si sarebbe dovuto più usare  perchè di fatto i Pink non esistevano più, Gilmour il contrario.

Mentre la perdita di Barrett portò ad un giovamento, quella di Waters, contraltare creativo di Gilmour, portò ad un progressivo isterilimento della vena creativa della band, che nei successivi lavori si appoggiò quasi completamente sui mitici assoli di Gilmour, mantenendosi su buoni livelli, ma nulla di più.
Lo stesso Waters, da solo, non è mai riuscito ad esprimersi come in passato, pur mantenendosi anch'egli su livelli generalmente medio alti.

Soltanto in anni recenti, a partire dall'intervento al Live 8, c'è stato un riavvicinamento fra i due leader, purtroppo caratterizzato anche dalla successiva morte di Rick Wright, l'elemento più visionario del gruppo.
Recentemente Gilmour è intervenuto ad un concerto di Waters per suonare la mitica 'Comfortably Numb'.









Quando lessi su Ciao 2001 che Peter Gabriel aveva lasciato i Genesis ebbi un momentaneo blocco di tutte le funzioni vitali!
Comprenderete che per me i Genesis erano un vero punto di riferimento musicale, cibo per l'anima e per l'emotività!
Tutto sommato li avevo conosciuti da poco (con Selling England by The Pound), ero ancora in visibilio per  The Lamb Lies Down On Broadway e mi sembrava davvero troppo presto subire un colpo così duro!

Fu un trauma anche per gli altri componenti, che vedevano in lui un frontman dotato di eccezionale carisma e pertanto difficilmente sostituibile. E infatti non lo sostituirono!
I Genesis nel loro cammino musicale hanno effettuato sostituzioni solo all'inizio (Phil Collins per John Mayhew e Steve Hackett per Anthony Phillips. Due cambi che hanno portato un eccezionale valore aggiunto!), poi hanno subito soltanto defezioni.

Peter non sopportava più i ritmi da rockstar che gli venivano imposti, voleva sedersi un attimo a pensare, dedicarsi ad altre cose con uguale ardore, comprendere la direzione da prendere!
Oggi, dopo tanti anni, comprendiamo che la strada che ha scelto successivamente, pure se irta di difficoltà, lo ha portato ad essere un mito della scena (non solo) musicale mondiale, con la sua musica così densa di feeling, seppure semplice nella struttura, con il suo impegno sociale e con la tranquillità che traspare dai suoi occhi!
Tutto il suo disagio, le sue frustrazioni e la successiva presa di coscienza sono resi manifesti in questo brano, che credo non abbia bisogno di alcuna presentazione!





Phil Collins prese il posto di Gabriel al canto, assumendosi il gravosissimo onere di non farlo rimpiangere, e nei concerti si servirono di Chester Thompson (e in qualche occasione anche di Bill Bruford) come batterista addizionale.
Prestate attenzione agli ultimi secondi del brano 'Los Endos' precedentemente proposto: c'è un'accorata dedica a Peter:
There's an Angel standing in the sun...to Peter Gabriel
Piansi lacrime amare la prima volta che la sentii!

Nonostante Collins, come leader dei Genesis, abbia molti detrattori (compreso me, che non gli perdonerò mai di 'essersi dimenticato', a suo tempo, di essere un grandissimo batterista!) non si può negare che albums quali A Trick of the Tail, Wind and Wuthering e Duke abbiano lasciato, ognuno a suo modo, un segno importante nella loro discografia. Il resto... lasciamo perdere, sebbene vi siano sprazzi di buona musica qui  e là.

Successivamente, quando Collins decise che la band doveva cambiare completamente direzione musicale, orientandosi verso un rock melodico di maggiore presa sul pubblico (e i successivi successi commerciali, almeno dal punto di vista della popolarità e degli introiti, gli diedero ragione!), il bravissimo Steve Hackett si sentì tagliato fuori, incline come era a mantenere fede alla sua estrazione barocca e progressive, pertanto decise di lasciare il gruppo per non sentire più la frustrazione di essere soltanto un performer.





Anche in questo caso la scelta fu molto sofferta per entrambe le parti.
Abbandonare un cavallo vincente come i Genesis non fu una cosa facile per Steve, ma aveva dalla sua parte la sua musica e una compagna che lo sosteneva psicologicamente (Kim Poor e Steve hanno divorziato un paio di anni fa, ma non per volontà del mitico chitarrista, a quanto sembra...).
Nel contempo i restanti tre componenti non si sentivano motivati a cercare in giro: avrebbero perso troppo tempo e rischiato di non trovare ciò che desideravano. O peggio, rischiavano di trovare qualcuno che avrebbe compromesso gli equilibri dell'ormai terzetto così ben amalgamato!
Così Rutherford prese in mano la chitarra elettrica e incominciò a suonare anche le parti soliste. Come per la batteria, dal vivo si servirono di Darryl Stuermer come chitarrista addizionale.


Ascoltate il brano che ho postato. E' denso di pathos, amarezza e disillusione.
L'assolo di tastiere è ansioso e straziante, la ritmica è frastagliata, come un pianto a singhiozzi, e il testo è tutto imperniato sull'evento appena consumatosi.
Quando artisti di questo calibro vogliono renderci partecipi dei loro stati d'animo riescono a trasferire tutto in brani come questo... ed è impossibile non condividerne la tensione emotiva! Non trovate?


Inutile dire che il sound uscì particolarmente impoverito da questa defezione.
Nel caso di Gabriel, almeno in studio, Collins riuscì a 'scimmiottarlo' decentemente (in un'intervista Gabriel asserì che Collins tecnicamente era migliore di lui... ma non era Peter Gabriel!) su una base sonora ancora abbastanza fedele al sound della band.
Quello che era andato irrimediabilmente perduto era l'impatto scenico  e il carisma di Pete nei Live set.
In pratica il decadimento stilistico musicale fu piuttosto soft.
Invece la fuoriuscita di Hackett evidenziò immediatamente l'entità della perdita, dal punto di vista compositivo e musicale: a titolo di esempio vi rimando all'ascolto della suite di chiusura dell'album Wind and Wuthering a confronto con il brano di apertura di ...And Then There Were Three precedentemente inserito, che rappresenta uno dei momenti migliori di tutto l'album.
Qualsiasi commento sarebbe superfluo, non è vero?







Anche in questo settore i Marillion si sono particolarmente distinti...

La decennale amicizia di Fish e e Steve Rothery con Diz Minnit (basso) e Mick Pointer (batteria), peraltro membri fondatori della band, nulla potè valere rispetto alle necessità del gruppo di progredire, pertanto i due, in tempi successivi, furono 'cordialmente' pregati di farsi da parte, sostituiti da Pete Trewavas (basso) e Ian Mosley (batteria).
Anche in questo caso le sostituzioni portarono un grande valore aggiunto alla band, migliorandone oltremodo la sezione ritmica. Per quanto Mosley sia un batterista un pò ruvido, i suoi pattern ritmici erano di gran lunga più incisivi e dinamici di quelli di Pointer, molto limitato tecnicamente e spesso impacciato dal vivo.
Il brano sopra proposto riporta nel testo quanto sia difficile prendere questo tipo di decisioni, specie perchè c'è di mezzo un'amicizia pluriennale.
Notate la ritmica secca e cadenzata, quasi volta a mostrare l'aridità della doverosa presa di coscienza e la conseguente azione di confronto.

Da notare che nel testo vi è la frase
A friend in need is a friend that bleeds
(un amico in difficoltà è un amico che sanguina) che è un modo di dire tipicamente inglese ed è citata, seppure in modo diverso
A friend in need is a friend indeed,
a friend who bleeds is better
(un amico in difficoltà è pur sempre un amico, ma è meglio un amico che sanguina)
nel brano 'Pure Morning' dei Placebo.

In ogni caso le sostituzioni sopra citate non furono altrettanto traumatiche quanto quella di Fish con Steve Hogarth.
Ancora oggi molti fans del Mark I considerano il Mark II una band diversa e per certi versi trascurabile.

Dal mio punto di vista, per questa e tutte le altre 'mutazioni', citate e non, mi sono sempre posto nell'ottica di ascoltare quali fossero gli esiti del cambiamento.
Se la musica prodotta continuava a catturare la mia attenzione e la mia emotività, non avevo motivo di lamentarmi (come accadde per i primi album dei Genesis senza Gabriel, sebbene fossi rammaricato dalla sua scelta, o per gli Yes senza Wakeman e Bruford, e per gli stessi Marillion senza Fish), in caso contrario riponevo il disco nella custodia e non lo acquistavo o non lo ascoltavo più ... tutto qui!

In reatà è molto probabile che il 'mito' di Fish sia stato alimentato proprio da Hogarth che, pur essendo tecnicamente superiore e dotato di un timbro mediamente più caldo, ha sempre manifestato una tale sudditanza psicologica verso il suo predecessore da non riuscire a scalfirne la memoria nei fans.
Manifestazioni come l'indossare una t-shirt con su scritto "E' vent'anni che sono il NUOVO cantante dei Marillion" (o qualcosa di simile... non ho fonte certa) oppure rifiutarsi di cantare brani del periodo precedente (che in ogni caso sono parte integrante della discografia del gruppo) sono la chiara manifestazione di un'immensa insicurezza che, purtroppo per lui, contribuisce ad allontanarlo dai fans della vecchia guardia.
Fish, di carattere più comunicativo, questo lo sa e ne approfitta per dileggiarlo, quando può, e mantenere così intatto il suo 'mito'.







In ogni caso Fish testimoniò con questo brano le motivazioni che l'avevano spinto a dissociarsi dalle scelte della band, mentre i Marillion dedicarono al loro precedente frontman nulla più della cover di Seasons End, dove sono presenti elementi simbolici come, ad esempio, il camaleonte che brucia e la tela raffigurante il jester che affonda.





Analizzando la cosa da ascoltatore di musica disincantato, sempre secondo il mio personale giudizio, il lavoro di Hogy nei Marillion ha portato ad albums di grande valore come Brave e Marbles, più altri momenti di buon livello musicale e alta intensità emotiva, mentre il Fish solista, forse perchè ha perso molto del suo timbro di voce ed è generalmente circondato da musicisti di livello medio-basso, non è mai riuscito a superare la piena sufficienza, tranne forse per Vigil in a Wilderness of Mirrors e qualche altro raro esempio isolato, e non riesce ad entrare nelle mie 'corde'.



Infine, sebbene non siano propriamente Prog (ma comprenderete successivamente perchè li cito), un discorso a parte meritano i Deep Purple.
Sembra incredibile, ma ogni volta che hanno cambiato componenti, hanno gettato le basi per un nuovo modo di fare musica.
La sostituzione di Rod Evans con Ian Gillan al canto e di Nick Simper con Roger Glover al basso, portò il gruppo a trasformarsi da Rock melodico (Il famoso Mark I) a capostipite dell'Hard Rock, con l'album In Rock (Il famosissimo Mark II). Nessuno ha mai avuto il coraggio di rimpiangere i fuoriusciti!

Successivamente, a causa dei continui litigi fra Blackmore e Gillan, quest'ultimo fu sostituito da David Coverdale e Glover da Glenn Hughes (Il ben noto Mark III).
Nonostante io stesso fossi inizialmente disorientato dalla perdita del timbro e della potenza della voce di Gillan, ho sempre considerato l'album Burn (il primo con i due nuovi componenti) come uno dei precursori del Prog Metal e i brani successivi penso possano dimostrarlo!






Ascoltate tutto il lavoro di Blackmore, che nel finale si esprime al meglio in uno degli assoli che considero fra i più belli che io abbia mai sentito! Molto emozionante, con interventi spagnoleggianti, con legati e staccati di incredibile efficacia, ricco di feeling e  corde tirate allo spasimo! Prestate attenzione anche al suo lavoro di cesello dietro all'accoratissima interpretazione di Coverdale! Eccezionale anche il supporto percussivo di Paice, sempre preciso, fantasioso e incisivo.






Questo è il brano che chiude l'album... e apre a mille soluzioni dei successivi decenni della musica un pò 'estrema' come il Prog Metal.
Avrei potuto inserire anche 'You Fool No One', ma ho preferito questo perchè anche qui Blackmore è sorprendente, come d'altronde tutta la band.
Da notare che l'uso della doppia cassa, oggi ostentato da una moltitudine di batteristi, a quei tempi non era per niente indispensabile per rendere corposo un pattern ritmico!



A margine di tutto ciò mi sembra doveroso citare che John Wetton in un'intervista riportò che adora cantare 'I Talk to the Wind',  Phil Collins a lungo ha cantato le canzoni dell'era Gabriel ed inoltre le hanno cantate insieme più di una volta, Coverdale si è cimentato (con enormi difficoltà...) con i brani di Gillan, e potrei citare altri esempi in cui non c'è sudditanza psicologica, c'è solo passione, rispetto per il pubblico, amore per il brano e la buona musica.
Mi sembra che questo dovrebbe essere alla base di tutto, o no?

Ve l'avevo anticipato che sarebbe stato un post da 'risveglio'!

Come al solito ho esposto le mie considerazioni sull'argomento, ma attendo vostri eventuali  commenti!

lunedì 27 giugno 2011

L'Amore ai Tempi del Prog (2)


Ciao a chi mi legge (e siete in tanti...Grazie!)

Visto l'incredibile successo del precedente post sull'argomento, che in breve tempo (è stato pubblicato ad aprile) ha soppiantato al secondo posto in classifica quello sui Brand X, mi è sembrato opportuno ritornare sull'argomento.

Forse, come quello dei Brand X, il post sull'amore è molto clickato perchè unisce le parole 'amore' e 'prog' insieme, per cui viene rintracciato anche involontariamente... ma cosa importa?
Godiamoci questo successo con qualche altro splendido esempio di buona musica ispirata dall'amore nei suoi differenti aspetti!


Vi ricordate un vostro primo appuntamento?
L'eccitazione del momento, il cuore che batte forte in gola, le mani che tremano e tutto il resto?
Beh... prima dell'appuntamento ci sono sempre i preparativi: scegliere la mise da indossare, curare la propria persona, provvedere (più frequentemente per noi maschietti) a procurarsi un piccolo pensiero che possa sorprendere l'interlocutore e tutto il resto.

Ascoltate i Genesis come interpretano un appuntamento galante...




Attendete che il mio cuore smetta di palpitare all'impazzata....
E' un brano di una dolcezza incommensurabile!
Cosa c'è  di più dolce di un appuntamento con la persona che si brama avere tra le braccia?

Cercate di comprendere il differente atteggiamento mentale dei due:

Lei: Torna a casa dal lavoro, rimuove velocemente i resti della colazione del mattino, si getta sotto la doccia e poi cura la sua persona con spezie e profumi per sentirsi più adeguata all'evento. Come tutte le donne si attarda in questa pratica e quando si ricorda che dovrebbe rifare il letto è troppo tardi e si prepara per uscire;

Lui: Ha fatto una doccia veloce, si è vestito di tutto punto, si è spruzzato un pò di profumo, ha preso il piccolo dono (la "Chocolate Surprise") per la sua compagna e mentre, tutto impettito, prende la porta, si accorge di non aver rifatto il letto e pensa: "Cosa importa? Dovrò rifarlo con lei stanotte!". Chiude a chiave il suo seminterrato e vola su per le scale.

A questo punto il narratore, che non a caso è un tale Peter Gabriel, ci lancia un messaggio:

Take a little trip back with Father Tiresias
 Listen to the old one speak of all he has lived through
I have crossed between the poles, for me there's no mystery
Once a Man like the sea I raged,
once a woman like the earth I gave
But there is in fact more earth than sea

Padre Tiresia fu chiamato a dirimere una controversia amorosa fra Zeus e Era, che volevano sapere chi, in amore, prova più piacere.
Tiresia, che era stato prima uomo, poi donna, poi ancora uomo, rispose che in amore il piacere si compone di dieci differenti parti: l'uomo ne prova soltanto una, la donna invece le altre nove. 

Tutto questo è trasportato mirabilmente in musica con la prima parte del brano ricca di dolci arpeggi di chitarra a supporto ora della voce di Gabriel, ora del suo flauto traverso.
E' la dolcezza, mista all'eccitazione, dell'attesa e della preparazione dell'evento.

A partire dal minuto 5,55 l'ambientazione cambia: il tempo muta in 7/8 e la ritmica si fa più sostenuta: ora i due giovani sono insieme e godono della reciproca compagnia e tutto sembra andare come entrambi speravano: le schermaglie amorose, i complimenti smisurati, gli sguardi d'intesa, la mano nella mano, i baci profondi e qualche carezza audace.
Non è meraviglioso tutto ciò?

Come meravigliosa è la ritmica fluida di Collins, che in paradiddle fra cassa, rullante e hi-hat ci regala un altro esempio della sua maestria. Il tutto in appoggio al lungo e intenso assolo di tastiere di Banks.



Un vecchio adagio diceva 'L'amore non è bello se non è litigarello'.
In questo brano, però, le conseguenze dei litigi stanno portando all'esasperazione il nostro Nick D'Virgilio:





Il brano parte molto elettrico, come accade sovente negli Spock's Beard (ricordiamo che sono americani!), ma successivamente evolve verso una sezione sempre più intimista, fino a terminare con la sola voce accompagnata dalla chitarra.
Vi prego di notare quanto sia superlativo il drumming di Nick, sempre così ispirato, ricco ed efficace. In realtà tutti i musicisti sono di ottimo livello.
Al minuto 3,20 c'è il momento più intenso del brano, con quel canto accorato e il successivo crescendo di tastiere che apre a una nuova sezione cantata.
Quando la musica lentamente scompare e rimane solo voce e chitarra la sensazione di disagio è tangibile.
I've found my bottom line
or it found me 
E' allo stremo e non vuole ammettere di dover prendere una decisione, allora spera che sia la decisione a farsi strada da sola nella sua testa.
Non è buffo, è drammatico: quante volte avete avuto la stessa sensazione anche voi?


Sfortunatamente l'amore non ci regala solo gioie.
Sarebbe troppo bello vivere soltanto le leggere, piacevoli sensazioni del primo appuntamento, o dei primi tempi di un rapporto, con gli inevitabili litigi e riappacificazioni (che in fondo sono la parte migliore del litigio!).

Spesso le cose si complicano e  ci si trova ad affrontare differenti stati d'animo...
In questo i Marillion sono maestri!
Ascoltate questo brano.





Prestate attenzione all'intensissima interpretazione di Hogarth, che canta come se avesse davvero il cuore in frantumi nelle sue mani.
L'intro fosca e tetra e l'attacco esplosivo di chitarra sono eccezionali.
Notate il drumming ruvido di Mosley, con quella strana, ma azzeccatissima, sincope e il basso preciso e fluido di Trewavas.

Ma è il secondo attacco di chitarra, seguito dall'assolo, a strappare l'emozione, perchè Rothery interpreta alla grande il pathos del brano, con quelle sue note lunghe, i bendings, gli outsiders e tutto il resto!

E quando Hogy riprende a cantare e urla:
...and you know how it is!
with this fragments of love
and this splintering heart 
with this fragments
and this splintering heart! 
La sensazione finale, quando torna l'ambientazione tetra dell'intro, è di spossata tristezza.

E' un brano molto intenso, non è vero?


A questo punto avrei potuto inserire un brano che potremmo definire 'Le conseguenze dell'amore'.
Se vi va, andate a riascoltarvi 'Nothing at All' dei Gentle Giant  nel post a loro dedicato.
Qualora non aveste avuto l'occasione di leggere di loro, potrebbe essere questo il momento giusto(Anche perchè in quella pagina c'è un'altra splendida canzone di un amore finito: 'Think of Me With Kindness')!

Sull'argomento delle 'conseguenze' , ma basato su una storia decisamente più fantasiosa, non posso trascurare di aggiungere quello che capita a Rael, protagonista di The Lamb Lies Down on Broadway, dopo aver goduto dell'amore delle Lamia!





Che splendore, non è vero?
Con quel pianoforte dolce e struggente al tempo stesso!
E la voce di Peter è così calda e avvolgente...

Mute melodie riempono la sala echeggiante
e non c'è alcun segnale di pericolo
nel richiamo delle sirene
Ma come sovente accade... il pericolo si manifesta quando è ormai troppo tardi.
Per non diventare uno 'slipperman' Rael sarà costretto a subire un'evirazione.


In alcuni casi tutto l'insieme di sensazioni positive che si provano in amore non viene generato da un'altra persona o essere vivente, ma da qualcosa che non è materiale.
Ne senti il flusso nel tuo corpo ogni volta che riesce a sorprenderti, ne godi dei benefici quando ti ci trovi a contatto diretto, quando riesci a sentire che ti appartiene e che non tradirà mai le tue aspettative.
Il prossimo brano è il manifesto di questo blog: non è prog, è un semplice rock sinfonico, ma dice esattamente ciò che provo nei confronti della MUSICA.





Continuo a pensare che la MUSICA sia davvero l'unica cosa che non mi lascerà mai solo.

giovedì 16 giugno 2011

Il Banco Del Mutuo Soccorso

Questo post è dedicato a mio fratello Giancarlo.




Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo, e sfrena il tuo volo 
dove più ferve l'opera dell'uomo. 
Però non ingannarmi con false immagini ma lascia che io veda la verità 
e possa poi toccare il giusto.


Da qui, messere, si domina la valle ciò che si vede, è. 
Ma se l'imago è scarna al vostro occhio scendiamo a rimirarla da più in basso  
e planeremo in un galoppo alato entro il cratere ove gorgoglia il tempo.





Ho conosciuto così il Banco del Mutuo Soccorso, a casa di un mio amico che aveva questo strano LP a forma di salvadanaio di terracotta.
Anche il mio amico era piuttosto strano, ma simpatico!

Ascoltate 'R.I.P.', il brano successivo all'introduzione!
Che ritmica, che fuoco nelle vene, che testi grondanti il sangue delle vittime inutili  di tutte le inutili guerre (occhio: non le 'guerre inutili', ma le 'inutili guerre'. Tutte le guerre sono inutili)!
E il susseguirsi degli assoli di chitarra, break maestoso di piano e assolo di tastiere elettroniche... è mozzafiato!
Poi, quando Gianni Nocenzi sale in cattedra ci regala un finale al pianoforte di alta classe e intensità...
E la voce tenorile di Di Giacomo, nonostante inizialmente possa lasciare un pò sorpresi, si appoggia perfettamente sul tappeto di note creato per lui dai fratelli Nocenzi.

Ammetto il mio 'peccato originale': non sono un amante fervente del RPI (Rock Progressivo Italiano), sebbene mi sia affacciato al Prog con Felona e Sorona di Le Orme e mi sia innamorato di alcuni brani degli Osanna e PFM (senza però mai approfondirne la discografia), ed abbia 'promosso' tra amici e parenti albums dei Goblin e di Città Frontale (El Tor - unico album del gruppo e per me è uno dei più alti esempi del RPI di un certo tipo!).

Ma il Banco ha sempre avuto su di me un fascino particolare.
Non so se sia per i testi impegnati e (allora) politically incorrect, se per la presenza costante del pianoforte (e che pianoforte! Gianni Nocenzi è un virtuoso di una sensibilità incredibile!), che, dopo la mia amata batteria,  è uno dei miei strumenti preferiti, se per il drumming ricercato e efficace di Pier Luigi Calderoni, se per la vena interpretativa e la voce di Di Giacomo o le complesse costruzioni armoniche e melodiche dei fratelli  Nocenzi, o ancora la ricerca degli effetti sonori sulle tastiere  elettroniche di Vittorio... probabilmente per tutte queste cose messe insieme!

Nonostante siano evidenti le radici mediterranee (ed è questo che, essenzialmente, caratterizza il RPI e lo rende un genere a se stante), con le influenze ora arabe, ora indiane, ora spagnole e francesi, il Banco aveva un sound più "europeo", più vicino alle correnti crimsoniane e gentlegiantiche di tutti gli altri gruppi italiani. Probabilmente questo contribuiva a rendermelo più 'affine', sebbene nel 1973-74 io fossi ancora agli albori della mia 'frequentazione' del Prog.


L'album omonimo è del 1972. Sempre nello stesso anno la band uscì con un altro lavoro (Darwin!) che si poneva in netta contrapposizione ai dettami della chiesa appoggiando decisamente la teoria evoluzionistica di Darwin.


Ascoltate questa suite di apertura dell'album. E' splendida nella sua interezza.
Non c'è un attimo di caduta di tono, l'alternanza di fasi ritmiche e melodiche, i pianissimo e gli interventi di pianoforte meritano davvero tutta la nostra ammirazione.
Ma prestate anche attenzione ai testi e collocateli in un periodo storico dove la chiesa era meno indulgente di oggi e preferiva una "sana ignoranza" alle prese di coscienza:

Prova a pensare un pò diverso
Niente da grandi dei fu fabbricato
Ma il creato si è creato da sè
Cellule, fibre energia e calore





L'intero album continua sullo stesso livello artistico e...fateci caso... tutti gli interventi di pianoforte sono pertinenti, efficaci e di tangibile bellezza.
Non a caso fa parte di questo album anche la splendida '750.000 anni fa... l'amore', che vi ho proposto nel post sull'amore.
Se volete darci un occhio...
http://proglessons.blogspot.com/2011/04/lamore-ai-tempi-del-prog.html


Il Banco a quei tempi sentiva di dover dire qualcosa di importante, attraverso la musica, per cui la successiva uscita, che a mio modo di vedere è il loro capolavoro, trattava della prigionia, la guerra e le estreme conseguenze che tutto ciò porta nella vita delle persone che vi sopravvivono.

Ascoltate questi due brani in sequenza ed immaginatevi un prigioniero politico che dopo anni di prigionia, stenti e umiliazioni,  riesce finalmente a tornare a casa. Inizialmente è convinto di essere tornato a casa SUA...





Il pianoforte di Gianni ci porta subito in un clima tetro, amaro, pieno di mura umide, punizioni corporali ed umiliazioni del corpo e dell'animo umano.
Prestate sempre attenzione ai testi, sono sempre attuali. E sempre lo saranno, fintanto che ci saranno persone sequestrate e oppresse per le loro idee.
Al quinto minuto... quel lamento (fatto con il sintetizzatore) è struggente e fende come un rasoio, come tutto lo sviluppo musicale  successivo, con le note grevi emesse con quell'effetto tetro.
Ma è splendida la parte centrale e l'intermezzo di percussioni, non è vero?

In realtà tutto il brano è splendido!






Entrambi i brani meriterebbero di essere inseriti nella mia lista degli standard prog, ma secondo me il secondo è più ricco, con quell'intro dal ritmo pulsante splendidamente interpretato da Calderoni (da ragazzo ci misi un pò a studiarlo), e la musica rende evidente la spossatezza del ritorno, dopo tanti patimenti:

T'ho amato donna e parleranno ancora i nostri ventri
ma come è debole l'abbraccio in questo incontro! 
Dove ho vinto? Cos'è che ho vinto?
Quando io credo che niente più è lo stesso
Ora è tutto diverso 
Per Dio, ma cos'è successo di così devastante a Stalingrado?

Mi si accappona la pelle prima ancora di riascoltare il brano, perchè questo è un momento musicale di alta scuola! Attraverso la musica, con quell'arpeggio nervoso di chitarra, le tastiere che imperversano e la batteria che mantiene una ritmica ossessiva, si sente tutta la disperazione di quest'uomo che, a questo punto, non riesce a comprendere se per caso non sarebbe stato meglio rimanerci secco, piuttosto che sopportare tutto ciò che il suo ritorno, inevitabilmente, genererà in lui e nelle persone a lui care...


I testi del Banco, qualunque fosse l'argomento trattato, erano sempre molto significativi, ogni frase aveva il suo elevato peso specifico e nel complesso inducevano a pensarci un pò su.

Anche quando, spostandosi dal socio-politico, passarono ad argomenti un pò più intimisti come i rapporti interpersonali (e nell'album che propongo di seguito si parlava proprio di loro sei), ogni frase era introspezione e incitamento a meditare.

Come in un'Ultima Cena, album dal titolo inequivocabilmente simbolico, è l'ultimo album del Banco  che considero degno di nota (ma fra questo e il precedente ce ne sono altri due di buon livello).
L'album è più song oriented e non compaiono più suite che toccano e superano i 10 minuti, ma vi prego di ascoltare i prossimi due brani, che ne rappresentano appieno l'ottimo valore. 





Il contrasto fra l'intro di piano estremamente dinamica e a tratti drammatica e il successivo momento soffuso rende l'idea del testo:

Dopo la tempesta ho vagato a lungo fra i coralli
sulla mia pelle sentivo il peso del mare
ed ho creduto di non tornare più al sole
ma il desiderio d'immenso scuoteva le mie reni
io dall'abisso sono risalito

E' un bel brano, davvero: molto intimista il testo, molto bella la musica che lo sostiene.


Così come lo è il successivo, permeato com'è di presa di coscienza delle proprie possibilità e potenzialità.





Anche in questo caso l'intro è pulsante e dinamica, ma la parte più bella e ricca di feeling è il finale cantato:

Sui gradini del vostro rifiuto
Io sto salendo verso la mia porta
Questa notte l'arpa notturna
 suona invano il canto delle paure

Quando ho incominciato ad ascoltare il BMS avevo soltanto 15 anni e la testa leggera e piena di fantasie.
Con la sua musica e i testi impegnati mi ha aiutato a crescere...
Nonostante la mia testa permanga piena di inutili fantasie (ma per gli amici più cari è la mia caratteristica più positiva) devo ringraziarlo per avermi reso, in quegli anni, se non migliore, almeno più consapevole.

E ringrazio mio fratello, che a suo tempo si prese l'onere (e sicuramente l'onore, visto che li ha apprezzati  almeno quanto me) di  portare avanti l'acquisto degli LP man mano che uscivano.
Quando ci dividemmo gli LP per me fu un duro colpo separarmi dal BMS, tanto che successivamente riacquistai questi quattro album, che considero la loro discografia essenziale, in CD.

I più distratti, o quelli che non hanno seguito il BMS a quel tempo, sgomberino la mente dalle varie 'Paolo Pà', 'Moby Dick' e qualche altro brano più famoso di questo gruppo: il VERO Banco del Mutuo Soccorso è quello descritto in questo post, è racchiuso in queste perle di grande valore (e in altri estratti da questi albums), dove la musica avvolge i testi ed ognuna di queste componenti è parte integrante e complemento dell'altra, creando uno splendido equilibrio di forma, contenuto, complessità tecnica e feeling.

sabato 11 giugno 2011

Standards Prog... esistono?

La Wikipedia cita testualmente: "Uno standard è una norma accettata, un modello di riferimento a cui ci si uniforma affinchè sia ripetuto successivamente".

Forse i più giovani non sapranno che il nome dei grandi magazzini STANDA derivava proprio da "standard". In quei magazzini tutto ciò che si vendeva era prodotto in serie (e per questo a prezzi più accessibili).

In musica, in genere, lo standard si associa alla musica jazz ed è solitamente un brano creato da un musicista  e suonato e interpretato da altri musicisti, in forme spesso aventi una struttura di base fissa, sulla quale i solisti prima eseguono il tema e poi improvvisano assoli per uno o più giri ciascuno. In genere il brano termina con una reprise del tema e un finale.

A differenza di quanto spesso riportato, lo standard non è semplicemente un brano famoso, ma un brano "di riferimento", cioè dotato di alcune caratteristiche che valgono la pena di essere studiate e metabolizzate per poter migliorare il proprio bagaglio tecnico/musicale.
Così per esempio, a mio modo di vedere, Hello Dolly di  Louis Armstrong può essere considerato un evergreen, ma non uno standard, mentre sicuramente Cantaloupe Island di Herbie Hancock è uno standard ma non precisamente un evergreen.
Ciononostante ci sono molti casi in cui lo standard e l'evergreen sono un tutt'uno, come nel caso di All the things you are di Jerome Kern, suonata e cantata da tutti, compresi Frank Sinatra e Barbra Streisand.

Parafrasando il povero Ivan Graziani potreste dire: "Si ma...Tutto questo cosa c'entra con il Prog Rock"?
Apparentemente poco, perchè in questo settore musicale, fino a qualche tempo fa, i musicisti non si scambiavano volentieri i brani fra loro e l'esecuzione di altri era più spesso una cover e non una reinterpretazione del brano.

La differenza fra standard e cover sta proprio nel fatto che il primo è soggetto a reinterpretazione e talvolta anche modifica della struttura e della velocità di esecuzione, mentre la seconda è quasi sempre una riproduzione il più fedele possibile dell'originale, pertanto priva di qualsiasi spunto creativo. Inoltre la cover è quasi sempre un brano evergreen.

Fino a qualche tempo fa...





Come potete notare questa è propriamente una cover. Non ci sono rilevanti variazioni rispetto all'originale.





Invece questa può essere considerata l'esecuzione personalizzata di uno standard, in quanto ne è stata mantenuta la struttura di base, ma vi sono state apportate significative variazioni che in qualche modo ne caratterizzano l'esecutore.

Per quanto possa sembrare incredibile tra le migliori coverbands di progressive rock ci sono quei caciaroni ipertecnicizzati dei Dream Theater: hanno riproposto in modo pressocchè perfetto albums interi dei Pink Floyd, brani dei Kansas, Genesis, Marillion, etc.

Ma secondo voi... quali potrebbero essere gli Standards Prog?
Quali brani potrebbero essere insigniti di tale fantastica onoreficenza?
E soprattutto... vista la definizione di standard... per quale motivo?

Ora potrebbero scatenarsi orde di progger indemoniati, ciascuno con la sua personale tracklist e le sue motivazioni. Sarebbe divertente poterle osservare tutte (e in ogni caso se me le postate la discussione è apertissima!)...

Io vado ad elencarvi la mia personalissima top ten di tracklist di standards, tentando come al solito di farvi partecipi delle mie valutazioni tecnico/emotive.
Coloro che mi seguono con maggior frequenza avranno già visto citati alcuni di loro nei miei precedenti post.
Vi assicuro che, se ci ragionate su, non ci sono tantissimi altri brani che possono presenziare in questa lista!


Track 01: 21st Century Schizoid Man - King Crimson





Come mi è capitato di dire già in passato, secondo me questo brano è il manifesto del Progressive Rock.
Notate quanto ci sia di delirante, sorprendente e innovativo ancora oggi, a distanza di 42 anni dalla sua pubblicazione!
L'esplosione con cui si apre il brano mette immediatamente in vibrazione tutti i nervi del corpo, gli intermezzi vocali filtrati, il sax in sincrono con la chitarra nei riff (successivamente Steve Hackett riprenderà questa tecnica e la farà sua), l'incredibile drumming di Michael Giles, con tutti quei contrappunti ora sul hi-hat, ora sui piatti, sul rullante e sui tom, la chitarra disperata di Fripp che miagola e urla all'impazzata, il basso di Lake che sottolinea tutte le parti, gli interludi sincopati e in sincrono perfetto (ripresi poi da moltissimi altri musicisti, probabilmente folgorati dall'evento del primo ascolto), i pianissimo alternati ai fortissimo, il finale isterico e a tratti cacofonico, contribuiscono a rendere questo brano unico nel suo genere per ricchezza di idee, impatto e difficoltà di esecuzione.
Merita sicuramente di essere il primo della lista!

Qualora voleste approfondire l'argomento King Crimson vi riporto il link:
http://proglessons.blogspot.com/2010/11/i-king-crimson.html



Track 02: The Fountain of Salmacis - Genesis






In questo brano, di cui peraltro ho già parlato diffusamente nel post dedicato all'amore nel Prog, c'è tutto quello di cui uno standard necessita: innovazione, feeling, tecnica, ardore interpretativo, sviluppo armonico e melodico di alto livello.

Vi allego il link:
http://proglessons.blogspot.com/2011/04/lamore-ai-tempi-del-prog.html




Track 03: The Runaway - Gentle Giant









Sebbene i GG avessero già prodotto alcuni albums di elevatissimo valore, l'assestamento della formazione permise loro di realizzare In a Glass House con la piena consapevolezza dei loro mezzi.
A parte l'intro di incredibile efficacia, con quel suono di vetri infranti che poi diventa ritmico, il crescendo delle tastiere e il micidiale attacco, che nel vinile parte prima da un solo lato e poi esplode in tutta la potenza del suono stereofonico (purtroppo nel CD qualche balordo tecnico del suono ha ritenuto che fosse un difetto e l'ha uniformato... si è perso così un impatto emotivo fortissimo!), il brano ha una ritmica pulsante, inusuale...e giustamente parla di un evaso in fuga!
Ma la parte che secondo me ha quel tocco di classe in più è il solo di vibrafono, che è uno dei più belli che abbia mai sentito!

Se vi interessano i Gentle Giant non avete che da clickare...
http://proglessons.blogspot.com/2010/12/i-gentle-giant.html






Track 04: Shine On You Crazy Diamond - Pink Floyd






Le quattro note che hanno cambiato la musica!
Ma questo brano non è soltanto questo...
Provate a prestare attenzione all'intro di tastiere... non è soltanto un accordo che si protrae per un tempo lunghissimo. Sotto si sentono degli effetti pulsanti che fanno venire alla mente lampi di luce, flash di immagini della memoria e in ogni caso la netta sensazione che ciò che sta per incominciare non sarà per niente allegro e rilassante.
Il brano è permeato tutto di tristezza e malinconia e lo si comprende già dall'inizio. Prima ancora di sentire quei quattro rintocchi che ci immergono definitivamente nell'atmosfera.
"Ricordo che quando eri giovane brillavi come il sole
brilla ancora pazzo diamante!"
E ascoltate Gilmour con quanto ardore sottolinea con la sua chitarra dai toni blues tutto il malessere che traspare dalla musica e dai testi.

Recentemente ho letto un libro, regalatomi dalle mie figliole, che narra la storia dei Pink Floyd attraverso testimonianze e interventi (inventati dall'autore, ma tutto sommato con una parvenza di verosimiglianza) di personaggi realmente esistiti, e di quanto questi fossero rimasti legati per tutta la loro esistenza al fantasma (vivo o morto) di Syd Barrett. C'è da crederci se l'album a lui dedicato è così intenso, straziante e rassegnato al tempo stesso.

Per coloro che si sono persi il mio post sui miti del Rock psichedelico, ecco il link:
http://proglessons.blogspot.com/2010/12/i-pink-floyd.html






Track 05: Close to the Edge - Yes







Di questo brano ho parlato nel mio recente post sugli Yes:
http://proglessons.blogspot.com/2011/06/gli-yes.html


Perchè lo considero uno Standard Prog? Perchè ha dentro tutti i dettami del Prog delle origini: è una suite che comprende: solennità, ritmiche complesse, assoli splendidi, interludi delicatissimi, sonorità tanto caratteristiche da divenire successivamente una specie di marchio di fabbrica, un cantante che fa accapponare la pelle con la sua voce e tutto il resto. Vi sembra poco? A me no!




Track 06: Firth of Fifth - Genesis




Ci crederete o no, ma a quel tempo molti maestri di pianoforte furono esortati dai loro studenti ad ascoltare l'inizio di questo brano e alla fine la domanda era sempre la stessa: "Me lo insegna?"


Firth of Fifth è particolare già dal titolo: un gioco di parole (tanto cari a Gabriel) che trae spunto dal Firth of Forth, che è la profonda insenatura su cui si affaccia Edinburgo. Forth si pronuncia quasi come Fourth che significa "quarto", così come Fifth significa "quinto", pertanto tutte le traduzioni assolutamente pretestuose che riportavano qualcosa come "Cinquanta per cento" o "Il quinto Fiordo" sono assolutamente prive di fondamento.

L'intro classicheggiante, con il solo pianoforte, e il fantastico impatto emotivo che si prova quando il brano parte in tutto lo splendore e la profondità della voce di Peter, con tutti gli strumenti a sorreggerlo e a sottolinearne la maestosità, quegli intermezzi soft e le reprise poderose preludono soltanto alla parte fondamentale del brano, quella che la rende un indiscutibile standard prog.

Quando Gabriel soffia nel flauto con dolcezza, il nostro animo si placa e si appoggia sulle onde tranquille della musica, che si trasforma in un intermezzo di pianoforte fino a volare sul crescendo che esplode nel mitico, storico, ineguagliabile, prorompente e perfetto assolo di chitarra di Steve Hackett!
Ma ascoltate anche tutto il resto del gruppo come contribuisce a rendere questo momento pieno, magico e irripetibile con il tappeto di tastiere, gli interventi di batteria e tutto il resto!

E quando si giunge sul finale:
"Now as the river dissolves in sea
so Neptune has claimed another soul"
l'emozione è tangibile perchè la voce di Gabriel è piena, forte e imperiosa ed è quasi con una punta di rammarico che accettiamo il termine del brano:
"Le sabbie del tempo furono erose
dal fiume dal cambiamento costante" 
e il piano di Banks che ci conduce fuori da questa magia.

Se non è Standard Prog questo...

Track 07: Starless - King Crimson







Ho dedicato a questo brano un post intero!

Eccovi il link:
http://proglessons.blogspot.com/2010/12/starless-la-disperata-constatazione-del.html




Track 08: Echoes - Pink Floyd






Anche questo brano è stato citato nel post sul gruppo.
A completamento posso soltanto riportare che l'emozione che ho provato quando l'ho suonato con un gruppo di giovani musicisti è stata davvero fortissima!
Primo, perchè io ero "il grande vecchio", colui che era depositario del "verbo", e poi perchè la suonavano davvero bene e mi sentii un pò Nick anch'io...
Peccato non avere neanche l'1% del suo conto in banca!




Track 09: Heart of the Sunrise - Yes







Anche di questo brano abbiamo già parlato e vi rimando al post sugli Yes.







Track 10: On Reflection - Gentle Giant





In questo brano sono fondamentali due momenti: la prima parte, tutta cantata "a cappella", con le voci che si inseguono fra loro in maniera perfetta (non solo in studio, anche Live!), ognuna con tonalità via via decrescente e NESSUNA in "ostinato"!
Per intenderci, è relativamente più semplice eseguire un "ostinato" (cioè una frase che si ripete sempre uguale),  concentrandosi essenzialmente sulla propria parte, piuttosto che una sorta di "fuga" dove noterete che è indispensabile seguire perfettamente le parti degli altri per non uscire fuori tempo!
E' una prova della grande dimestichezza che i GG avevano con questo tipo di soluzioni, già mostrata in altri brani (Knots su tutti).
Ma la cosa ancor più eccezionale, che differenzia questo brano dagli altri, è che, dopo l'intermezzo "nostalgico", dove viene ripetuta la medesima frase per ben 10 volte (quasi come fosse una lamentazione funebre ):
I'll remember the good things how can you forget all the years That we shared in our way: Things were changing my life, taking your place in my life and Our time drifting away

Entrano finalmente gli strumenti, uno ad uno, eseguendo le stesse parti prima eseguite "a cappella", pertanto intrecciandosi e rincorrendosi fra loro fino al poderoso attacco di batteria che ci porta al termine del brano.
Dove lo trovate un brano così coinvolgente per ritmica, tecnica e stile?


Eccoci giunti al termine di questo enorme post.

Comprenderete che alcune mie considerazioni prendono spunto dalla grande emozione che provo ascoltando questi brani, altre dal fatto che sono un musicista amatoriale, pertanto ne intravedo anche gli aspetti più "strumentali".
Il sogno della mia vita (da musicista amatoriale) era quello di mettere su una band che avesse, come me, voglia di "montare" questi dieci brani (più qualche altro, ovviamente).
Indipendentemente dalla complessità tecnica di alcuni di loro, che probabilmente in taluni casi ci avrebbe obbligato alla resa incondizionata, ho già tentato di trasmettervi quanto sia emozionante poterli suonare e sentire che "girano bene".
Da giovane non comprendevo l'irrealizzabilità di questo sogno, oggi si: se allora era difficile trovare altri quattro "pazzi" come me, che volessero cimentarsi con siffatte opere d'arte, oggi è virtualmente impossibile, vista l'età che avanza!

Noterete che mancano all'appello grandi gruppi RPI come Banco (Dopo... Niente più è lo Stesso), PFM (Impressioni di Settembre) e Le Orme (Sospesi nell'Incredibile).
Così come mancano gli Emerson Lake & Palmer (Tank o Take a Pebble), i Van Der Graaf, davvero troppo outsider, e qualcun altro.
Tutti questi meriterebbero a pieno titolo di presenziare... e in realtà ci sono, ma non fra i miei primi 10!


Infine avrete notato che non c'è niente di attuale...
Non si rammarichino i più giovani!
In realtà forse avrei potuto inserire in scaletta qualcosa dei Porcupine Tree, magari Even Less...


Per poter diventare uno standard  un brano deve avere la giusta dose di innovazione, pregevolezza stilistica, fascino e feeling... e se è possibile trovare nel prog moderno le ultime tre caratteristiche, la prima immagino che rimarrà, almeno per il momento, un pò latitante!

Qualsiasi commento è ben accolto, anche se aveste voglia di lapidarmi!