sabato 18 dicembre 2010

i Pink Floyd



Perchè ho scelto proprio la foto della loro reunion al Live 8 per incominciare questo post?
Perchè di lì a poco quel piccolo uomo con i capelli bianchi alla vostra destra ci avrebbe lasciato e questo evento ha avuto il sapore del suo estremo saluto al monumentale lavoro prodotto con i suoi amici.






Probabilmente a molti piace ricordare i Pink Floyd in quest'altra epoca:





Come vedete, a parte la evidente differenza di età, i componenti del gruppo sono sempre gli stessi.
Anche in questo caso, come citato per i Genesis, le precedenti e successive formazioni nulla hanno a che vedere con il miracolo di sinergia, in questo caso psichedelica, che si è generato fra questi quattro musicisti.
La 'malata' genialità di Waters, il suo contrapporsi con la musica ai suoi disagi interiori, uniti alla sperimentazione di Wright ed al sound inconfondibile della chitarra di Gilmour e il tutto corredato dal drumming mai eccessivo, ma preciso di Mason portarono i Pink Floyd a generare, a partire da Ummagumma fino a The Wall, innumerevoli momenti di voli pindarici, introspezione psicologica, viaggi onirici (spesso lisergici), abbandono dello stato 'fisico' verso un piano astrale nuovo, inatteso e per questo estremamente coinvolgente.

Una volta uno dei bassisti con cui ho suonato, mi chiese come mai un musicista come me non aveva mai sentito il bisogno di farsi neanche uno spinello (è vero... sono stato un fumatore accanito, ma non ho mai provato, neanche una volta, nè uno spinello, nè altro).
Gli risposi che non ne avevo bisogno. La musica, ascoltata e in special modo suonata, riusciva a trasmettermi tutto quello di cui avevo bisogno, sia per 'costringermi a pensare', che ad evadere.

Ascoltate questo brano... per intero:






Pensate davvero che ci sia bisogno di fattori esterni, oltretutto nocivi alla salute (fisica e, se più pesante, mentale) per volare via in un'altra dimensione? Io credo di no.

Il miracolo si compie già a partire da quella nota ostinata, quasi stonata, di piano, durante l'intro di quella chitarra così fluida e l'attacco di batteria, per quanto deciso, non imperioso, ma efficace.
La voce di Gilmour è dolcissima, calda ma densa di quella sottile sadness che ti strazia l'anima.
E quando la musica sale d'intensità è tutta un'esplosione di sensazioni contrastanti: voglia di stringere una mano amica per non essere solo, paura e voglia di volare in alto, anelito di scrollarsi da dosso tutte le infrastrutture del nostro vivere per ritrovarsi nudi al cospetto di se stessi.
Poi improvvisamente il ritmo diventa più sostenuto e, sul tappeto sincopato di tastiere,  Gilmour si produce in un assolo con note lunghissime e legate. E' come un tentativo di risveglio, qualcosa che ci costringe a riaprire gli occhi per qualche breve momento, poi la musica si allontana e si sentono le grida degli albatross, che ci inducono a tornare a desiderare di volare... e lo facciamo con il finale splendido e intenso.

No... non c'era bisogno d'altro per estraniarsi dallo stato fisico!

Ho conosciuto i Pink Floyd, come molti della mia età, con il loro lavoro più famoso, quel concentrato di nuove sonorità, idee geniali e testi tra il pazzoide e l'intimista che porta il nome di The Dark Side of the Moon
Consapevole di essere in disaccordo con molti, non lo considero il loro miglior album, sebbene lo consideri un lavoro  pressoché perfetto: c'è emozione, novità, splendidi assoli di chitarra, la splendida voce di Claire Torry su 'The Great Gig in the Sky' e tutto il resto.

Ma il pathos che dilania l'anima e il corpo che pervade tutto Wish You Were Here è un'altra cosa.
WYWH è, per quanto mi riguarda, il loro album più intenso, più maturo, sotto tutti i punti di vista.
Forse perchè lo sento più intenso, essendo dedicato al loro amico Syd Barrett, ormai preda della pazzia senza ritorno, o perchè le sperimentazioni del precedente album erano ormai consolidate e mature.








Dopo l'intro ci sono le 4 note che hanno cambiato la musica di quegli anni.
Ascoltate con che intensità Gilmour le tira fuori dalla sua Fender.
E l'assolo blues, con quelle note in bending, che ha ispirato decine e decine di chitarristi, è mirabile.
Mirabile come l'intermezzo di synth di Wright, così solenne, greve, intenso, prima della reprise di Gilmour che anticipa il canto, triste e straziante, dove è tangibile la presa di coscienza delle condizioni del loro amico:
Now there's a look in your eyes, like black holes in the sky
"Lo sguardo dei tuoi occhi è paragonabile ai buchi neri".
Completa assenza di volontà, allontanamento dalla realtà... pazzia.
E l'intervento del sax di Dick Parry contribuisce a dare la sensazione di impotenza di fronte alla sorte del loro amico.

Ma l'insofferenza al mondo freddo dello show business, il rinnovato ricordo della morte del padre in guerra, l'intransigente e oppressivo affetto della madre e il senso di inadeguatezza di fronte a tutto ciò, portò Waters a scrivere l'ultimo grande album dei PF, che riassumo in questo brano, che talvolta ho assunto come colonna sonora delle alterne vicende della mia vita.







Raramente ho sentito, in un solo brano, due assoli di chitarra così coinvolgenti, che mi prendono dall'interno e stringono il mio cuore in una morsa così tenace che è difficile da riaprire.
Ascoltate come il primo tende a salire di tonalità, come se volesse sottolineare la scelta di vita appena consumatasi:
I have become comfortably numb
Mentre il secondo, quello che porta al finale, quello che mi piega letteralmente nelle ginocchia, tende a note gravi, è disperato!...Come per far capire che davvero non c'è niente da fare... è INDISPENSABILE diventare "insensibili per non soffrire". 
'Comfortably Numb' è un altro di quei brani che considero Standard Prog e forse ne parlerò più dettagliatamente in futuro.

I Pink Floyd, così come i Genesis , i King Crimson e gli Yes, hanno creato, a quel tempo, un modo assolutamente nuovo di concepire la musica, miscelando fra loro un sound fluido e onirico, effetti speciali, innesti di suoni campionati ed altre diavolerie elettroniche.
Al contrario dei loro 'colleghi' (e per loro stessa ammissione), non erano dotati di particolare tecnica sugli strumenti, ma questo li aiutò a scegliersi una strada diversa, tutta basata sulla creatività e sul sound e il riisultato è stato la nascita della band, ancora oggi, più famosa del mondo.

domenica 5 dicembre 2010

Starless - La disperata constatazione del nulla cosmico

Quando si è depressi il malessere non rimane in noi, ma si riflette nell'ambiente circostante.

Le parole di questo splendido brano sono di Richard Palmer James del quale non conosco lo stato mentale a quel tempo, ma sicuramente intendeva trasferire l'amara sensazione di impotenza che si ha nei confronti della depressione, quando ti coglie.

Una volta stavo chattando con un mio amico chitarrista, uno dei migliori discepoli del mio migliore amico, maestro di chitarra al conservatorio. 
Lui ama il jazz e lo sa suonare. Ma essendo un vero amante della musica, non ha la spocchia di buona parte dei jazzisti e arricchisce il suo bagaglio tecnico e cultural-musicale con mille contaminazioni. 

Mi disse che aveva tra le mani tutta la  discografia dei King Crimson e mi chiese qualche suggerimento su un brano da ascoltare, che potesse rendergli immediatamente l'idea della loro musica.
"Prendi Red" - gli dissi senza esitazione - "e metti l'ultimo brano".


Ascoltate... il mellotron parte quasi in un soffio...






Sundown dazzling day
Gold through my eyes
But my eyes turned within
Only see
Starless and bible black

Old friend charity
Cruel twisted smile
And the smile signals emptiness
For me
Starless and bible black

Ice blue silver sky
Fades into grey
To a grey hope that oh yearns to be
Starless and bible black

Sentite il registro della chitarra come è chiuso, le note acute sono ovattate, mentre a tintinnare sono i piatti della batteria di Bruford, che affronta l'inizio del brano con una delicatezza di tocco che credo di aver sentito raramente in un batterista. Quel tintinnio seguito da due colpi cupi di grancassa e uno di rullante: semplice, netto, pulito, ma di un'intensità incredibile!

La voce di Wetton è calda come sempre, ma quello che dice viene dall'abisso dell'anima. 
"Ma i miei occhi che scrutano dentro di me vedono solo buio pesto"
oppure 
"Verso una grigia speranza che desidera soltanto diventare buoi pesto".
Tremendo vero?

Ad alimentare maggiormente questo senso di angoscia c'è il sax di Mel Collins, che in questo brano, più che in tutti gli altri in cui ha prestato la sua opera, si esprime in modo magistrale e sostiene tutto il pathos dell'argomento, con improvvisi interventi acuti e articolate linee melodiche. 

Terminata la parte cantata, il basso si fa più cupo e minaccioso, mentre un lento ostinato di chitarra in 13/8 è testimone dell'assoluta mancanza di volontà di osservare i cambiamenti nel mondo circostante. A che vale vedere cosa muta all'esterno se dentro di noi NULLA sembra mutare?

Man mano che la disperazione muta da terrena a cosmica la tonalità sale, il registro diventa più acido e la frequenza delle pennate di Fripp aumenta, così come le note si legano fra loro. Dietro il basso continua incessante il suo cupo  incedere e la batteria di Bruford è uno scroscio continuo di suoni martellanti, con i suoi abituali fill in terzine che tanto lo caratterizzano e che personalmente...adoro.
Al culmine dell'ansia il brano esplode in una ritmica forsennata, con il sax di Mel che si inerpica sulle note alte per tornare a quelle base in un fraseggio che ha dello straordinario, mentre la chitarra di Fripp in sottofondo insiste sui singoli accordi con pennate esasperanti, per poi tornare alle pennate sulle singole note, più veloci e ossessive, fino a giungere ad un break seguito dal sax di Mel Collins, disperatissimo, che riprende il refrain fino a portarci al termine di questo splendido, inimitabile, intensissimo esempio del genio dei King Crimson.
Riesco a descrivere la ma sensazione finale soltanto così: groppo alla gola e occhi gonfi di lacrime!

Questi sono brani eterni. 
Perchè racchiudono in loro, oltre che pregevolezze stilistiche e compositive, intensità emotive raramente raggiungibili.
Rappresentano il miracolo della musica, perchè riescono a trasmettere a chi li ascolta esattamente ciò che gli autori volevano fosse trasmesso. Pensate che non conoscevo i testi fino a qualche tempo fa, ma mi bastava ascoltare il brano per sentire...
Per comprendere quanto sia difficile che ciò  accada basti pensare a quanti brani ci lasciano totalmente indifferenti.

Di brani così, almeno per quanto riguarda me, non ce ne sono moltissimi. 
TUTTI troveranno spazio su questo blog.   

I Gentle Giant





Ascoltate questo brano...




'The Runaway' è la opening track (il primo brano, insomma) dell'album In a Glass House.
Aprire un album che si chiama in questo modo con un rumore di cristalli rotti ci fa comprendere, già in partenza, che della Glass House  non è già rimasto più niente. I GG, così come i Genesis, conservavano intatto il cinico sense of humor inglese in ogni loro lavoro. 

Ho conosciuto così i GG. Con un rumore di vetri infranti. L'album giaceva fra gli LP che il fratello di un mio caro amico (Il Paolo che mi ha fatto conoscere il Progressive Rock) aveva messo da parte perchè non di suo gradimento.... non tutti i fratelli 'riescono col buco'! (In questo sono stato fortunato! Mio fratello condivide con me questa passione per il progressive!).
Eravamo ancora molto giovani e il mio amico lo mise sul piatto quasi timoroso, come per dire: "Io lo metto, ma se non ti piace lo togliamo subito!". 
Mi conquistò immediatamente! Con quella ritmica pulsante, quel modo così differente di intrecciare gli strumenti e.... quel brillante assolo di vibrafono nella parte centrale che sprizza energia da tutti i solchi... che meraviglia!

I GG al tempo erano un pò outsider rispetto agli altri nomi altisonanti. Avevano il loro seguito di appassionati, ma il loro modo di comporre, ricco di dissonanze, di echi pastorali e di cori polifonici non si prestava all'immediatezza, così occorreva 'digerirli' un pò.

Nati come sestetto, con i fratelli Shulman al completo, si ridussero (per modo di dire) ad un quintetto quando uno dei tre abbandonò il campo e raggiunsero la stabilità della formazione al quarto album, con l'ingresso di John Weathers alla batteria.

Per fare un parallelo con i giorni nostri potremmo dire che i GG stanno agli Echolyn come i Pink Floyd stanno ai Porcupine Tree. L'equivalenza è piuttosto maliziosa se si considera che gli uni sono considerati gli eredi dei primi e gli altri quelli dei secondi!

Una volta qualcuno sulla mailing list dei Marillion mi chiese un consiglio sulla discografia essenziale dei GG.
Non ebbi alcuna incertezza a consigliargli i primi 7 album in blocco.
Effettivamente a partire da Gentle Giant fino ad arrivare a Interview non c'è album dei GG che non ci regali qualche piacevole sorpresa, qualche pietra miliare della musica prog rock, qualcosa da cui prendere spunto per le future generazioni. Generazioni che poi hanno fatto man bassa dei loro insegnamenti, come si può notare nei cori dei primi Spock's Beard e nelle costruzioni armoniche dei succitati Echolyn.








Ascoltate quanta dolcezza c'è nella prima parte di questo brano.

this little girl who had everything finds 

she's nothing at all 
"Questa ragazzina che aveva tutto, ora si accorge che in realtà non ha nulla".

Nel crescendo prestate attenzione alla chitarra che urla.
Poi tutto si placa e cresce la batteria, filtrata nel sintetizzatore, con una ritmica incalzante che niente ha a che vedere con la dolcezza dell'apertura. C'è un richiamo di musica classica al pianoforte, scandito dalla batteria nervosa e contrastante. La ragazza di buona famiglia, che suona il piano, forse per volere dei genitori, ma dentro arde di passioni forti e nascoste che la costringeranno a commettere qualche errore. E qui il piano diventa dissonante, delirante... il danno si compie.Ora si ritorna alla dolce tristezza iniziale che ci porta al finale... bello vero?


Volete un assaggio dei cori complessi che ideavano questi cinque 'folli' signori? Eccolo!









Senza mai rinnegare la loro vena rock, eh? Ma aggiungendo sempre qualcosa di unico e impensato fino ad allora, come l'assolo di glockenspiel un pò sopra le righe! Simpatico e complesso.... ma ascoltate quest'altro!







E' certamente più impegnativo! Prestate attenzione come ognuno faccia perfettamente la sua parte per poi terminare tutti all'unisono! Il bello è che nella seconda parte del brano riescono ad intrecciare gli strumenti come intrecciano le voci in apertura! Questo è uno dei brani dei GG che mi esalta maggiormente non solo per l'idea che hanno avuto e per l'esecuzione, ma anche per la carica emotiva che mi trasferisce!

OK. Qualcuno potrebbe dire che è in studio, dove tutto è più facile da amalgamare... eccovelo dal vivo!







Ci ho tenuto ad inserire questo video per darvi un'idea di quanto fossero preparati musicalmente i GG. Ognuno di loro era polistrumentista, così in 5 sul palco riuscivano a suonare molteplici strumenti, senza nessun aiuto esterno! Anche perchè non credo fosse semplice entrare facilmente in sintonia con questa 'gabbia di matti'! Vi prego di notare che il bassista, mentre suona il violino, canta in controcanto con gli altri...LIVE! C'è da mettersi le mani nei capelli!

Ma i GG non erano soltanto energia, tecnica, creatività e spirito innovativo con forti riferimenti alla musica 'dotta' (pensate che in Inghilterra alcuni loro brani venivano trasmessi sul canale dedicato alla Musica Classica). Sapevano essere anche molto intimisti, come in questo brano, di cui vi lascio testo e musica.

Why am I using words, no more to say without you 

Close the door, put out the lights and go 


Late in the night, in the night your shadow falls between us 
Nevermore, never know 
There, memories are sorrow, 
When there's no tomorrow 

Sleep while the sweet sorrow wakes my daydream; 
Sleep while you think of me with kindness, please remember former days 
Sweet the song that once we sang, the silent parting ways 

And you know, and you know, 
And you know, long ago when we first made our promise - 
Empty words, I wonder did you know - 

The laugh that love could not forgive 
Is gone and tells no more to live 
And we who look in beauty's love; 
Must now, through all, look back on before - 

The tears that first I cried, no more; 
Your love has come and gone, no more 
And we who look in beauty's love 
Must now through all think back on before 

Sleep while the sweet sorrow wakes my daydream; 
Sleep while you think of me with kindness, please remember former days 
And you know, and you know 
And you know, when we two parted in tears and silence 
Past the days, the parting ways 

Fare thee well, fare thee well, you that was once dear to me 
Think of me with kindness 
Think of me





A me piace molto il crescendo finale che poi si placa nelle ultime disperate parole: "Pensami con gentilezza, pensami".

Per concludere la panoramica su questo fantastico quintetto vorrei proporvi una cosa che forse non è facile da trovare in altre band. Un brano per voci e percussioni... naturalmente rigorosamente intrecciate fra loro!








Suona 'strano'? Non ditemelo! Altrimenti questo post non sarà servito a nulla!
Suona GENTLE GIANT!

domenica 21 novembre 2010

I King Crimson


Per quanto abbia ascoltato molto la radio da giovane, specie nel periodo in cui sorsero come funghi le famose 'radio private' , raramente mi è capitato di 'scoprire' qualcosa di buono tramite questo mezzo.

Nel 1998 mi capitò, attraverso una radio campana, di ascoltare un supergruppo, con elementi di elevatissimo valore tecnico, che suonava una musica estremamente dinamica, con riff di chitarra incredibili e una ritmica da capogiro.
I Liquid Tension Experiment non solo mi sorpresero, ma mi indussero a 'scavare nel loro passato' e così conobbi anche i Dream Theater e tornai quasi per incanto ad occuparmi del progressive rock, fino ad allora da me considerato erroneamente morto e sepolto (in realtà ero stato io a trascurarne l'evoluzione).

Ma devo di più, molto di più, a Per Voi Giovani, lo storico programma musicale della RAI (http://www.musicaememoria.com/per_voi_giovani.htm) che un pomeriggio trasmise un brano che partiva delirante, elettrico, con una ritmica incalzante e nervosa, che improvvisamente si sedava in un canto rabbioso con un pattern di batteria da brivido. Eccolo...





Avevo appena conosciuto i King Crimson, ma ancora non lo sapevo, perchè talvolta i brani venivano annunciati prima, talvolta dopo e spesso durante, per evitare la registrazione 'pulita', per cui per uno come me, che si concentra principalmente sulla musica, le probabili parole sul brano furono un elemento di disturbo. Riuscii a comprendere solo il nome del brano e da quello partii 'alla ricerca dell'ignoto'.

Starless and Bible Black, l'album da cui è tratto questo brano, non può considerarsi uno dei migliori momenti dei KC, ma mi è servito per aprirmi alla loro conoscenza e per questo ho ritenuto opportuno dargli il giusto risalto. Da lì nacque, come spesso mi è accaduto, la ricerca a ritroso delle loro perle.

Rispetto agli altri gruppi musicali del genere, i KC erano completamente diversi. 
Mentre i Genesis, Yes, Pink Floyd e Gentle Giant fondavano le loro basi sulla sinergia fra i componenti, e pertanto erano riluttanti al cambiamento dei musicisti, i KC annoveravano fra le loro fila numerosi musicisti, provenienti dalle più disparate aree musicali, come Keith Tippett dal Jazz, Paulina Lucas soprano, e tanti altri.
In realtà tutto era soggetto alle regole ferree del leader indiscusso del gruppo, il vero e unico 'Re Cremisi' Robert Fripp.

Nel corso degli anni, qualsiasi album dei KC ha portato qualcosa di nuovo ed è stato una linea guida per tutti gli altri.

Senta timore di essere smentito posso dire che il brano che troverete di seguito è una specie di 'manifesto' del progressive rock.





Nonostante sia un brano del 1969 ancora oggi c'è qualcuno che vi si ispira, tanto è il materiale che ancora oggi suona come innovativo (provate ad ascoltare 'Mechanical Bride', brano del 2003 di Steve Hackett!).
Questo è uno dei brani 'eterni' del Progressive Rock. E' imitato, riprodotto e 'coverizzato' da milioni di persone.

Questa prima fase dei KC è una delle tre che io considero di maggiore valore, rispetto alle altre, e si esaurisce  in due mirabili capolavori: In the Court of the Crimson King e In the Wake of Poseidon.
La splendida voce di Greg Lake (provate a farci caso: Fripp sceglierà sempre cantanti con la voce calda anche dopo - John Wetton e Adrian Belew) e la freschezza innovativa del drumming di Michael Giles sono fra i capisaldi di questi due album.

La seconda fase  di grande rilevanza artistica è, a mio modo di vedere,  quella che va da Lark's tongues in Aspic a Red. Da qui il suono della chitarra di Fripp farà uso dei famosi frippertronics, diavolerie elettroniche messe a punto da Fripp stesso. 
Secondo me questa è la formazione dei KC che ha reso di più in termini di creatività, innovazione e freschezza. Se volete ve la riassumo con questo brano:





Credo che nella storia del Rock ci siano rarissimi esempi di un album che abbia un'intro così lunga e soffusa.
Se non stessimo parlando dei KC sarebbe quasi da suicidio!
Ma la voglia di dire qualcosa di diverso, che fosse lontano dagli stereotipi, dal 'già sentito' era fortissima e oggi ne godiamo i frutti, che forse allora erano troppo maturi o noi troppo acerbi!
Prestate ascolto a tutti gli strumenti. Ciascuno di essi fa qualcosa di assolutamente nuovo per quel tempo: violino, chitarra, batteria, percussioni... di nessuno potreste dire: "l'ho già sentito".

La terza fase è quella in cui Fripp affiancò a sè l'enfant prodige  (allora...ora non è più enfant!) Adrian Belew alla seconda chitarra (cosa mai successa prima!), richiamò Bruford dietro ai tamburi e Tony Levin al basso. Anche in questo caso gli album prodotti furono solo tre: Discipline (il rosso), Beat (il blu) e Three of a Perfect Pair (il giallo). Esempio di questa epoca? Eccolo!






E scusate se è poco! Mi vengono i brividi quando entra la chitarra! E quando sul finale sale di tonalità per poi fermarsi e lasciare andare il brano verso il suo finale.

I lavori tra la prima e la seconda fase non sono da trascurare (Lizard, Islands..), così come quelli successivi alla terza fase (B'Boom, The Construkction of Light, The Power to Believe) ma talvolta sono affetti da eccessivo tecnicismo o da idee un pò lacunose, spesso a causa dell'insoddisfazione cosmica da cui viene assalito frequentemente Fripp.

Discorso a parte merita il brano 'Starless', altra pietra miliare della discografia crimsoniana, tratto da Red, che avrà un post tutto suo.. poi capirete perchè! 

A presto!

domenica 14 novembre 2010

OCEAN CLOUD


He's seen too much of life

And there's no going back
Come dicevo in un post precedente, Hogarth ha il dono di scegliere frasi che possono tagliarti in due.
"Ha visto troppo della vita e non si può tornare indietro".
In queste poche parole c'è tutto: tristezza, rassegnazione, nausea e voglia di estraniarsi dall'umanità circostante.

Potete dare un occhio al resto delle lyrics al link:

Il brano è ispirato alle gesta di Don Allum, un temerario (ma è temerario uno che non ce la fa più e scappa via? Forse si è più temerari a restare... che ne dite?) che ha fatto tre volte la trasmigrazione oceanica del Pacifico, costa a costa, con una barca a vela.

Potete trovare i dettagli al link che indico di seguito:

Ora... iniziare un brano 'a cappella', interpretando quelle poche parole come se si provasse un immenso dolore, ti fa immergere immediatamente nel mood del componimento musicale.




Sulle prime note, così gravi e lente, mi sembra di vedere quest'uomo, stanco di tutto e di tutti, avvicinarsi lentamente alla sua imbarcazione: ha deciso cosa fare, ma incede lentamente, quasi come se non volesse staccarsi dalla terraferma, si attarda a controllare che sia tutto a posto, ma sa già che lo è... poi sale sulla barca e prima di salpare annusa forte la terra che sta lasciando... quasi come per poter conservare a lungo l'odore di ciò che lascia, il suo odore preferito.

The smell of the earth

It's his favourite smell
But he's somehow compelled to the stinging salt hell
"L'odore della terra è il suo odore preferito, ma è forzato in qualche modo al pungente inferno salato"

Ora la voce di Hogarth sale di tonalità, ed è facile comprendere che ormai la barca ha preso il largo, e il nostro eroe si convince che niente e nessuno può reggere al confronto con la solitudine in mezzo all'oceano, vero e unico momento di introspezione e riconquista dell'autostima.

Qui l'assolo di Rothery è straziante, con quelle corde tirate in bending allo spasimo, e quando cambia tonalità ormai la terra è distante, sei solo in mezzo all'oceano e i tuoi unici compagni sono il mare e quella nuvola bianca che ti segue nel cammino.

So the sea is my wife and a sweet Ocean Cloud is a mistress I'm allowed

for now
Quando si è soli spesso la mente vola al passato, alle umiliazioni subite e ai successi conseguiti, alle donna amata, ma lasciata per incompatibilità di vedute.
Il mare è tranquillo, lo si sente dalla musica che accompagna questo passaggio... ma improvvisamente il vento cambia direzione e la radio preannuncia una tempesta.

L'incalzare del ritmo e le urla di Hogy ci portano nel bel mezzo della tempesta.
Finalmente è giunta, occorre lottare per sopravvivere.
Ma sopravvivere a cosa e perchè?
L'unica salvezza potrebbe essere la radio, comunicare con qualcuno...
Ripping out the radio

I want to be alone
Qui l'assolo di Rothery è micidiale. Ci fa comprendere tutta la disperazione di quel gesto. Strappare via la radio per non sapere cosa succederà e nel contempo non poter mandare alcun messaggio: "VOGLIO STARE SOLO!"
And the sweet ocean clouds will look down on my bones tonight
"Le dolci nuvole oceaniche potranno osservare i miei resti stanotte"

Ora la musica si fa dolce, commovente: finalmente la tempesta è passata e la morte ha restituito tranquillità e dignità al nostro amico.

Nella realtà dei fatti Don Allum sopravvisse alla tempesta e fu tirato in secca, mezzo morto e disidratato, dai pescatori di Nevis.
Ma Hogarth è un romantico e ha preferito che l'epilogo della vicenda fosse più triste e malinconico.

Ogni volta che ascolto questo brano giungo al finale quasi spossato, tanto che il sedarsi della musica e il rumore dello sciabordio sotto la chiglia mi danno una sensazione di abbandono delle forze e mi sento emotivamente provato.

'Ocean Cloud' è a tutt'oggi l'ultimo brano 'epico' e con forte orientamento prog dei Marillion: lungo, caratterizzato da cambi di ritmo e di ambientazione, teatrale, ispirato  e romantico.

I Marillion

Nel 1984 il grande Prog era ormai terminato e i gruppi che erano stati i grandi precursori del genere, Genesis e Yes fra tutti, continuavano a sfornare album di valore se non scarso... discutibile (Genesis e 90125 rispettivamente). I Gentle Giant dopo Civilian ebbero la decenza di sciogliersi. I Pink Floyd, minati da dissidi fra Waters e Gilmour erano da poco usciti con The Final Cut, che altro non era che una brutta copia di The Wall.

Unico faro nella notte era stato il trittico 'new wave oriented' dei King Crimson, che avevano avuto un'improvviso stop dopo il brillante Red del 1974 (in realtà si fermarono perchè Fripp incominciò a dar fuori di matto), e dal 1981 al 1984 uscirono con una nuova formazione (ma pur sempre con il buon vecchio Bruford dietro ai tamburi) e tre album: Discipline (il rosso); Beat (il blu) e Three of a Perfect Pair (il giallo). Di questi il terzo era il più debole, perchè il gruppo era già nuovamente minato da dissidi interni principalmente originati dall'insoddisfazione cosmica di Fripp (come ho appreso recentemente dalla lettura della biografia di Bruford. La consiglio vivamente!).

Il sabato mattina spesso portavo la mia primogenita (aveva 3 anni, la seconda non c'era ancora)  a fare un giro al Vomero (quartiere medio/alto borghese di Napoli) . Questo giro quasi sempre terminava in un negozio di musica dove avevo prestato servizio (pressochè gratuito!) prima di sposarmi.
Con in braccio la bambina, quel giorno, passavo distrattamente in rivista i nuovi arrivi, quando lei stessa (parlava già speditamente) mi fece notare un album con un giovane steso su un  letto e un bicchiere in mano da cui fuoriusciva un liquido rosso.
"Marillion - Fugazi" - lessi sulla cover.
Fui attratto anche io dalla cover e chiesi di poterlo ascoltare, più per far contenta la mia piccola che per me.


Dalle prime strofe cantate notai delle affinità con la musica che tanto avevo amato, nel passato recente, e acquistai entrambi gli album disponibili. Solo dopo seppi che Script... e Fugazi erano i primi due lavori dei Marillion, un gruppo (allora) nuovo che si ispirava a sonorità tipiche dei Genesis, ma aveva un chitarrista che emulava David Gilmour. Cosa potevo desiderare di più?

Da quel giorno i Marillion hanno accompagnato tutte le successive fasi della mia vita: le belle e le meno belle.
Le mie figlie sono cresciute con la loro musica, la più grande ne è stata una fan appassionata e conosce a memoria tutti gli album fino a Anoraknophobia!
Ancora oggi, quando ascolta 'Forgotten Sons', si emoziona all'ascolto di 
Approach...Friend
e il successivo splendido attacco di Rothery

Non essendo un fan nell'accezione classica del termine, non ho sofferto più di tanto quando, successivamente a Clutching at Straws, che ancora oggi considero il miglior lavoro del Mark I (con Fish al  canto), mettendo il CD Seasons End nel lettore, mi accorsi che il cantante era cambiato. Per quel che mi riguardava la loro musica mi emozionava, per cui mi andava bene così.
In brevissimo tempo cominciai ad apprezzare il nuovo cantante (Steve Hogarth) forse più del precedente (ora qualcuno potrebbe storcere il naso): il suo modo accorato di cantare e il tono di voce meno acuto di quello di Fish contribuivano a dare calore ai brani. 
'Easter' e 'The Space' ancora oggi generano in me fortissime emozioni.


Ciò che mi ha sempre colpito in questo gruppo è che su un tappeto di musica di buona fattura (nessuno di loro è un vero virtuoso dello strumento, ma hanno molta sensibilità), Hogarth ( ma anche Fish prima di lui) canta lyrics che spesso 'risuonano' dentro di me. Sono testi spesso accorati, talvolta trasognanti, ma quasi sempre con un 'peso specifico' elevato. Ti costringono a meditare sulle cose della vita, e talvolta a comprendere che non c'è una soluzione per ogni cosa.
Parafrasando Pessoa potrei dire: "Le cose vanno in questo modo perchè vanno così" 

I Marillion sono una delle band più longeve del panorama Prog Rock (anche se oggi il loro sound è molto meno prog che in passato) con i loro 28 anni di attività, di cui 21 con il cantante attuale. 
Talvolta mi sorprende che vengano ancora accomunati a Fish nonostante l'ottimo lavoro svolto da Hogarth per il doppio degli anni di militanza nel gruppo..Ma non dovrebbe sorprendermi più di tanto perchè le radio, afflitte dalle major discografiche, continuano imperterrite a passare soltanto 'Kayleigh', il loro brano più famoso (e inciso con la EMI), nonostante artisticamente, in tanti anni, abbiano prodotto brani di spessore artistico sicuramente più elevato. 
Passando per album, a mio modo di vedere e sentire, di sicuro valore quali Seasons End, Brave, Radiation e Marbles, e altri più sotto tono come This Strange Engine (in cui però spiccano, splendide, la suite che dà il nome all'album e 'Estonia'), Holidays in Eden, .com e qualche altro più recente, i Marillion Mark II continuano ad avere una presenza importante nella mia vita, più o meno come i Genesis fino al 1980.

Certo... il tempo passa e oggi i Marils, come li chiamiamo noi fans affettuosamente, non hanno più lo smalto di un tempo, molte cose sono cambiate, in loro come in tutti noi che li seguiamo da sempre. 
Forse siamo cresciuti e siamo diventati più pragmatici, più disincantati e guardiamo le cose sotto una luce diversa.
Però in (quasi) ogni nuovo lavoro riesco a trovare dei momenti di buon livello artistico, qualche lyric che mi fa trasalire, qualche buona idea che, se non mi sorprende, mi fa piacere notare che l'abbiano avuta.

Ai Marillion, dal lontano 1984 ad oggi, devo tantissimo: in questi anni mi hanno dato good vibrations, mi hanno permesso di cantare le loro canzoni insieme alla mia prima figlia (la seconda era ancora troppo piccola per apprezzare! Hanno 7 anni di differenza) e infine ho avuto la fortuna, attraverso la Mailing List italiana, di conoscere persone che considero davvero speciali, a cui sono legatissimo ancora oggi.


martedì 9 novembre 2010

La "suite" perfetta




E' tutto pronto?
OK. Fate tutto quello che faccio io.
Prima di tutto assicuratevi di essere soli in casa o che nessuno possa disturbarvi, spegnete i cellulari e staccate il telefono fisso, se lo avete.
Indossate le vostre cuffie. Meglio se senza fili... potreste sentire il bisogno di alzarvi in piedi...
Ora prendete il telecomando del lettore, posizionate il pollice sul tasto 6, spegnete le luci e accomodatevi sul divano....

Siete comodi? Io si...
Chiudete gli occhi e pigiate...
.............................................
Lo sentite? Riuscite a sentire quanta solenne malinconia c'è in questa chitarra classica?
Sentite come l'esecutore alterna sapientemente 'legato' e 'staccato' per darvi quella sensazione di amara consapevolezza che le cose non vanno come dovrebbero?
Dark and grey, an English film, the Wednesday Play
We always watch the Queen on Christmas Day
Won't you stay?
Non sempre mi piace Collins al canto, come profondità e intensità, ma qui il suo intro è perfetto, tanto da far venire qualche brivido lungo la schiena.

Ma 'Blood on the Rooftops' è l'introduzione a qualcosa di più mistico e sorprendente. Qualcosa che, nonostante il nuovo orientamento già più leggero dei Genesis, è destinato a rimanere nella memoria, perchè apre una delle suite del prog rock a me più care.

Dalle prime note della chitarra classica di Hackett, fino al fade out di 'Afterglow' entro in una specie di trance musicale e GUAI a chi dovesse avere la sventura di interrompermi (se vi riesce!).

A me succede così solo per questa suite e tre doppi album concept (in ordine di apparizione): Quadrophenia, The Lamb Lies Down on Broadway e The Wall: o sono nella condizione di ascoltarli per intero oppure non li metto per niente nel lettore!

Anche a livello interpretativo Phil è piuttosto ispirato e passa da una prima fase di paziente rassegnazione ad una di sconfortata rassegnazione:
So let's skip the news boy (I'll go make that tea)
Blood on the rooftops (too much for me)
When old Mother Goose stops - they're out for 23
Then the rain at Lords stopped play
Seems Helen of Troy has found a new face again.
Non c'entrava 'fucking' nella strofa, fra 'that' e 'tea', ma il tono di voce di Phil fa intendere che ci starebbe bene! Non vi sembra?

A conclusione di questa splendida ballad, mentre sfuma la chitarra, salgono le tastiere di Banks, con quell'arpeggio cupo e quel mellotron che simula un coro di voci femminili che ti fa accapponare la pelle.
(L'aveva già fatto in 'Entangled'. Era già riuscito a comprimere le mie corde vocali nell'ultimo acuto prima dei due secondi che anticipano l'attacco scrosciante di 'Squonk').

Non meraviglia che il brano si intitoli 'Unquiet slumbers for the sleepers', cioè "sonni inquieti per i dormienti": quei cori richiamano alla memoria il canto delle sirene o l' 'isola dei morti' di Boecklin, il dipinto tanto caro a Hitler.

Ma poi una rullata leggera sale ed è tutto un improvviso sfavillare di luci e colori, il sonno inquieto si placa e il risveglio è tutto un fulgore, con la chitarra di Steve che 'grida' sul giro di basso di Mike, con Phil che sostiene il brano a modo suo, con quella ritmica precisa e quei fill sui tom che sottolineano il riff di basso e Banks che accenta sul piano i passaggi di fase.
Sembra di vedere gente serena, la luce del sole che fa brillare ogni cosa!
Ma come ogni cosa bella... finisce subito e lo scandire del ritmo, così preciso, così cadenzato, ci fa comprendere che stiamo tornando in uno stato di disperazione che sembra senza uscita. E qui l'assolo di Banks è stupendo nel suo isterismo, sostenuto dalle chitarre che danno solennità....

Cinque colpi sui tom aprono 'Afterglow', un'altra ballad di struttura semplice, ma dotata di un tale pathos che è impossibile rimanere indifferenti.
Anche in questo brano Phil produce una splendida interpretazione con la sua partenza pacata e il crescendo di intensità che porta all'ultima indescrivibile emozione:
I miss you more!
Qui lo stacco di Phil è incisivo e devastante, accompagna la disperata solitudine che esterna nel canto con uno scroscio di piatti e rullante e poi ci accompagna sul fade out malinconico.

Avrete notato che non ho inserito links. Eccoveli..tutti e quattro di seguito. Fate in modo di non staccare fra l'uno e l'altro. O si ascolta così o niente... siete d'accordo? :-)







lunedì 8 novembre 2010

Prog Drummers - 2

Eccoci di nuovo a parlare di batteristi Prog.

Prima di andare avanti vorrei che abbiate presenti (poi vi spiego perchè) i seguenti brani:





Notate bene che non ho scelto 'Pino Daniele - Narcisista in Azione' che è un clone.
Questo è un brano che si può definire 'musica leggera di buon livello'.
In realtà la ritmica è un banalissimo cha-cha-cha




Eccezionale versione dello standard jazz 'Cantaloupe Island' di Herbie Hancock con un gruppo di tutto rispetto: Jack Dejohnette alla batteria, Dave Holland al contrabbasso e Pat Metheny alle chitarre.




Per coloro che, come me, ascoltano prog da una vita, questo brano non ha bisogno di presentazioni.
C'è il buon vecchio Bill Bruford (si, quello che dice sempre che si è ritirato ma sta sempre in giro a suonare!) dietro ai tamburi, nella formazione che è forse stata quella con maggiore continuità creativa dei King Crimson.

Ho scelto questi tre (ma avrei potuto scervellarmi a trovarne altri di ugual valore, per quello che voglio dire) perchè per tutti la ritmica è una parte fondamentale del brano. Pertanto basso e batteria devono impegnarsi a garantire l'opportuna 'ossatura' su cui si susseguiranno le note.

Eppure noterete che c'è un'enorme differenza su come viene interpretato l'uso della batteria nei tre brani:

Il batterista POP segue una ritmica incalzante, ma è piuttosto avulso dai fraseggi e dalle variazioni sul tema.
Certo, fa egli stesso qualche variazione qui e là per accentare alcuni passaggi, ma in generale segue una ritmica ben scandita perchè questo genere richiede che il virtuosismo sia eseguito dal solista, ma nel frattempo la gente deve poter continuare a ballare senza imbarazzo o indecisioni.

Il batterista JAZZ (e che batterista! E' uno dei miei preferiti!), pur mantenendo un certo rigore sulla struttura del brano, permane molto fluido, con continui fraseggi rullati, un uso della mano sinistra molto leggero, poco scandito, con accenti improvvisi e un ostinato sul piatto ride che è come se si continuasse ad ascoltare anche quando non lo suona, tanta è la sua affinità con la struttura del brano. Non illudetevi... non ci sono molti batteristi che danno la stessa sensazione di continuità della struttura del brano come Dejohnette, ma nel jazz è piuttosto frequente. Potreste avere la stessa sensazione ascoltando 'Red Baron' di Billy Cobham (che è  uno  dei miei riferimenti per quanto riguarda la fusion). Eccola...






Il batterista PROG sembra prendere entrambi le direzioni (anche qui non illudetevi! Non tutti lo sanno fare!).
Spesso dico che SOSTIENE IL BRANO, cioè lo segue alternandosi ad accentare TUTTI gli strumenti, pur mantenendosi fedele alla regola che basso e batteria devono essere molto intimi.
Notate come Bill Bruford sorregge il brano dall'inizio alla fine, riducendo o incrementando i colpi su rullante e cassa secondo la cadenza della chitarra di Fripp, rullando dove necessario, supportando il crescendo, senza sacrificare per questo il virtuosismo, ma orientandolo all'economia del brano.
Esempi come questo ce n'è tanti nel prog di buon livello. Eccone un altro che rende l'idea.



E' incredibile come Phil sia in perfetta sintonia con tutti gli strumenti SIMULTANEAMENTE: basso, chitarra e tastiere! E' sempre presente, mai ridondante, segue le dinamiche del brano contribuendo a rendere i crescendo più incisivi e i pianissimo più corposi. E sul finale, invece di usare semplicemente i piatti, preferisce una rullata sul timpano per rendere il tutto più solenne e grave.

Per 'par condicio', visto che è stato un altro dei miei riferimenti giovanili, vi posto un altro esempio di grande batterista prog che fa esattamente quello che ho tentato di porre in risalto. E godetevi il suo assolo, che è storico!



Spero di essere riuscito a chiarire, con questi esempi, la differenza fra i differenti modi di suonare la batteria, secondo il genere.
Naturalmente è più facile per un batterista prog o jazz calarsi nei panni di un batterista di musica leggera che viceversa. Per questo non deve sorprendere, ad esempio, che Gavin Harrison abbia suonato con molti artisti di musica leggera italiana, pur mantenendo la sua fisionomia di batterista prog-fusion (anche se come fusion a me non piace granchè, troppo didascalico).

Un'ultima cosa: non è sempre vero che coloro che suonano il jazz sono dei scesi in terra: talvolta sono bravi musicisti jazz o fusion, ma non riescono a compenetrarsi in altri generi. Un esempio su tutti è Chester Thompson, batterista turnista dei Genesis che, nonostante vanti una militanza nei Weather Report (non stiamo parlando della banda dell'oratorio, eh?) non è mai riuscito, a mio modo di vedere, ad immergersi completamente nel prog, pur garantendo un'onesta performance.

Come sempre.... a voi la palla!

sabato 6 novembre 2010

Prog Drummers ci si nasce o ci si diventa?



Ecco una domanda complicata a cui rispondere.
Cosa fa di un batterista un batterista PROG?
Quali sono le caratteristiche necessarie ad un 'pestapelli' per essere classificato come batterista idoneo a questo genere musicale?
E cosa lo differenzia dai batteristi di altri generi musicali come la musica leggera, il jazz, il blues e tutto il resto?

In quello splendido film con Robin Williams, che in italia conosciamo come 'L'attimo fuggente', che in realtà in inglese si chiama 'Dead Poets Society' ("La Setta dei Poeti Estinti", che è il nome che si erano dati i ragazzi che si riunivano di nascosto) qualcuno aveva preteso di interpretare la poesia in un diagramma cartesiano ortogonale a due dimensioni: vi rinfresco la memoria qui sotto.



Allo stesso modo potremmo pretendere di 'rinchiudere' la bravura di un batterista (o di un qualsiasi artista) in un diagramma cartesiano ortogonale a tre dimensioni: Talento (asse x), Tecnica (asse y) e Fantasia (asse z).
Ma come per la poesia è sciocco calcolare l'area per comprenderne il valore, così sarebbe sciocco applicarsi su un diagramma a tre dimensioni per comprendere un musicista.

Eppure è vero che genericamente possiamo affermare che qualsiasi musicista necessita delle 3 dimensioni sopra citate, ma ancora una volta, come nella poesia e in tutte le arti terrene e ultraterrene, ciò che conta è COSA CI TRASMETTE!

Dal mio punto di vista, batterista amatoriale quale sono, posso assicurarvi che ci sono batteristi dotati di enorme tecnica che mi lasciano completamente 'freddo' e altri più modesti che mi esaltano.

Facciamo un esempio calzante: i Porcupine Tree hanno avuto nella loro carriera due splendidi batteristi: Chris Maitland fino a Lightbulb Sun e Gavin Harrison da In Absentia ad oggi.
E' innegabile che dei due il secondo sia quello più dotato tecnicamente, è un docente, è stilisticamente perfetto, come si può osservare nel video qui di seguito.



Lo avete visto.... riuscireste mai a darmi torto su questo? Di tecnica ne ha da vendere! E non possiamo dire che non abbia talento! Lo si vede dalla naturalezza con cui segue il ritmo, dal modo in cui muove le articolazioni e tutto il resto! Nulla da dire su di lui!
Esegue alla perfezione ciò che il leader del gruppo (Steven Wilson) gli sottopone e richiede, senza sbavature, mai un colpo di troppo nè uno in meno: perfetto!
Io l'ho anche conosciuto ad un concerto dei Porcupine Tree: ci facemmo una chiacchierata io, lui e una mia amica fissata con la batteria (ne ho due di amiche così! Sorprendente, vero?)... è anche piuttosto simpatico e comunicativo (al contrario degli altri membri del gruppo).

Ciononostante preferisco Chris Maitland! PERCHE'?


Ecco un suo brevissimo video




Ho scelto questo proprio per dimostrare quello che asserisco: Chris è stilisticamente meno perfetto, probabilmente ha una tecnica che è la metà di quella di Gavin, ma ascoltate attentamente quello che fa quando rimane solo nel finale del brano: usa la doppia cassa in modo poco convenzionale, appoggiandola lì dove non suona i tamburi, senza renderla ostinata o ridondante (come talvolta accade nel prog metal) e soprattutto termina il brano sorprendendoci un pò.
Ritornando al sistema di assi cartesiani nello spazio, Chris ha sicuramente un'area talento/tecnica più piccola di quella di Gavin, ma se aggiungiamo il terzo asse, la fantasia, allora, sempre a mio modo di vedere e sentire, il volume del parallelepipedo ottenuto è sicuramente maggiore di quello di Gavin.

Tralasciando oziose trasposizioni matematiche dell'arte, ritorniamo al punto di partenza: quello che conta in un musicista così come per qualsiasi artista, è TRASMETTERE UN'EMOZIONE, magari suscitando la sorpresa, provocando un sussulto o semplicemente, nel caso di un batterista, inserire un colpo a sorpresa in un fill, perchè così ha sentito di fare, non per forzatura tecnica!

Vi sarete accorti che non abbiamo parlato delle caratteristiche che deve avere un batterista per suonare un genere musicale così articolato come il prog rock.
Ve lo dirò in un altro post. Ora godetevi questi due fantastici musicisti!

Chris Maitland




Gavin Harrison