domenica 21 novembre 2010

I King Crimson


Per quanto abbia ascoltato molto la radio da giovane, specie nel periodo in cui sorsero come funghi le famose 'radio private' , raramente mi è capitato di 'scoprire' qualcosa di buono tramite questo mezzo.

Nel 1998 mi capitò, attraverso una radio campana, di ascoltare un supergruppo, con elementi di elevatissimo valore tecnico, che suonava una musica estremamente dinamica, con riff di chitarra incredibili e una ritmica da capogiro.
I Liquid Tension Experiment non solo mi sorpresero, ma mi indussero a 'scavare nel loro passato' e così conobbi anche i Dream Theater e tornai quasi per incanto ad occuparmi del progressive rock, fino ad allora da me considerato erroneamente morto e sepolto (in realtà ero stato io a trascurarne l'evoluzione).

Ma devo di più, molto di più, a Per Voi Giovani, lo storico programma musicale della RAI (http://www.musicaememoria.com/per_voi_giovani.htm) che un pomeriggio trasmise un brano che partiva delirante, elettrico, con una ritmica incalzante e nervosa, che improvvisamente si sedava in un canto rabbioso con un pattern di batteria da brivido. Eccolo...





Avevo appena conosciuto i King Crimson, ma ancora non lo sapevo, perchè talvolta i brani venivano annunciati prima, talvolta dopo e spesso durante, per evitare la registrazione 'pulita', per cui per uno come me, che si concentra principalmente sulla musica, le probabili parole sul brano furono un elemento di disturbo. Riuscii a comprendere solo il nome del brano e da quello partii 'alla ricerca dell'ignoto'.

Starless and Bible Black, l'album da cui è tratto questo brano, non può considerarsi uno dei migliori momenti dei KC, ma mi è servito per aprirmi alla loro conoscenza e per questo ho ritenuto opportuno dargli il giusto risalto. Da lì nacque, come spesso mi è accaduto, la ricerca a ritroso delle loro perle.

Rispetto agli altri gruppi musicali del genere, i KC erano completamente diversi. 
Mentre i Genesis, Yes, Pink Floyd e Gentle Giant fondavano le loro basi sulla sinergia fra i componenti, e pertanto erano riluttanti al cambiamento dei musicisti, i KC annoveravano fra le loro fila numerosi musicisti, provenienti dalle più disparate aree musicali, come Keith Tippett dal Jazz, Paulina Lucas soprano, e tanti altri.
In realtà tutto era soggetto alle regole ferree del leader indiscusso del gruppo, il vero e unico 'Re Cremisi' Robert Fripp.

Nel corso degli anni, qualsiasi album dei KC ha portato qualcosa di nuovo ed è stato una linea guida per tutti gli altri.

Senta timore di essere smentito posso dire che il brano che troverete di seguito è una specie di 'manifesto' del progressive rock.





Nonostante sia un brano del 1969 ancora oggi c'è qualcuno che vi si ispira, tanto è il materiale che ancora oggi suona come innovativo (provate ad ascoltare 'Mechanical Bride', brano del 2003 di Steve Hackett!).
Questo è uno dei brani 'eterni' del Progressive Rock. E' imitato, riprodotto e 'coverizzato' da milioni di persone.

Questa prima fase dei KC è una delle tre che io considero di maggiore valore, rispetto alle altre, e si esaurisce  in due mirabili capolavori: In the Court of the Crimson King e In the Wake of Poseidon.
La splendida voce di Greg Lake (provate a farci caso: Fripp sceglierà sempre cantanti con la voce calda anche dopo - John Wetton e Adrian Belew) e la freschezza innovativa del drumming di Michael Giles sono fra i capisaldi di questi due album.

La seconda fase  di grande rilevanza artistica è, a mio modo di vedere,  quella che va da Lark's tongues in Aspic a Red. Da qui il suono della chitarra di Fripp farà uso dei famosi frippertronics, diavolerie elettroniche messe a punto da Fripp stesso. 
Secondo me questa è la formazione dei KC che ha reso di più in termini di creatività, innovazione e freschezza. Se volete ve la riassumo con questo brano:





Credo che nella storia del Rock ci siano rarissimi esempi di un album che abbia un'intro così lunga e soffusa.
Se non stessimo parlando dei KC sarebbe quasi da suicidio!
Ma la voglia di dire qualcosa di diverso, che fosse lontano dagli stereotipi, dal 'già sentito' era fortissima e oggi ne godiamo i frutti, che forse allora erano troppo maturi o noi troppo acerbi!
Prestate ascolto a tutti gli strumenti. Ciascuno di essi fa qualcosa di assolutamente nuovo per quel tempo: violino, chitarra, batteria, percussioni... di nessuno potreste dire: "l'ho già sentito".

La terza fase è quella in cui Fripp affiancò a sè l'enfant prodige  (allora...ora non è più enfant!) Adrian Belew alla seconda chitarra (cosa mai successa prima!), richiamò Bruford dietro ai tamburi e Tony Levin al basso. Anche in questo caso gli album prodotti furono solo tre: Discipline (il rosso), Beat (il blu) e Three of a Perfect Pair (il giallo). Esempio di questa epoca? Eccolo!






E scusate se è poco! Mi vengono i brividi quando entra la chitarra! E quando sul finale sale di tonalità per poi fermarsi e lasciare andare il brano verso il suo finale.

I lavori tra la prima e la seconda fase non sono da trascurare (Lizard, Islands..), così come quelli successivi alla terza fase (B'Boom, The Construkction of Light, The Power to Believe) ma talvolta sono affetti da eccessivo tecnicismo o da idee un pò lacunose, spesso a causa dell'insoddisfazione cosmica da cui viene assalito frequentemente Fripp.

Discorso a parte merita il brano 'Starless', altra pietra miliare della discografia crimsoniana, tratto da Red, che avrà un post tutto suo.. poi capirete perchè! 

A presto!

domenica 14 novembre 2010

OCEAN CLOUD


He's seen too much of life

And there's no going back
Come dicevo in un post precedente, Hogarth ha il dono di scegliere frasi che possono tagliarti in due.
"Ha visto troppo della vita e non si può tornare indietro".
In queste poche parole c'è tutto: tristezza, rassegnazione, nausea e voglia di estraniarsi dall'umanità circostante.

Potete dare un occhio al resto delle lyrics al link:

Il brano è ispirato alle gesta di Don Allum, un temerario (ma è temerario uno che non ce la fa più e scappa via? Forse si è più temerari a restare... che ne dite?) che ha fatto tre volte la trasmigrazione oceanica del Pacifico, costa a costa, con una barca a vela.

Potete trovare i dettagli al link che indico di seguito:

Ora... iniziare un brano 'a cappella', interpretando quelle poche parole come se si provasse un immenso dolore, ti fa immergere immediatamente nel mood del componimento musicale.




Sulle prime note, così gravi e lente, mi sembra di vedere quest'uomo, stanco di tutto e di tutti, avvicinarsi lentamente alla sua imbarcazione: ha deciso cosa fare, ma incede lentamente, quasi come se non volesse staccarsi dalla terraferma, si attarda a controllare che sia tutto a posto, ma sa già che lo è... poi sale sulla barca e prima di salpare annusa forte la terra che sta lasciando... quasi come per poter conservare a lungo l'odore di ciò che lascia, il suo odore preferito.

The smell of the earth

It's his favourite smell
But he's somehow compelled to the stinging salt hell
"L'odore della terra è il suo odore preferito, ma è forzato in qualche modo al pungente inferno salato"

Ora la voce di Hogarth sale di tonalità, ed è facile comprendere che ormai la barca ha preso il largo, e il nostro eroe si convince che niente e nessuno può reggere al confronto con la solitudine in mezzo all'oceano, vero e unico momento di introspezione e riconquista dell'autostima.

Qui l'assolo di Rothery è straziante, con quelle corde tirate in bending allo spasimo, e quando cambia tonalità ormai la terra è distante, sei solo in mezzo all'oceano e i tuoi unici compagni sono il mare e quella nuvola bianca che ti segue nel cammino.

So the sea is my wife and a sweet Ocean Cloud is a mistress I'm allowed

for now
Quando si è soli spesso la mente vola al passato, alle umiliazioni subite e ai successi conseguiti, alle donna amata, ma lasciata per incompatibilità di vedute.
Il mare è tranquillo, lo si sente dalla musica che accompagna questo passaggio... ma improvvisamente il vento cambia direzione e la radio preannuncia una tempesta.

L'incalzare del ritmo e le urla di Hogy ci portano nel bel mezzo della tempesta.
Finalmente è giunta, occorre lottare per sopravvivere.
Ma sopravvivere a cosa e perchè?
L'unica salvezza potrebbe essere la radio, comunicare con qualcuno...
Ripping out the radio

I want to be alone
Qui l'assolo di Rothery è micidiale. Ci fa comprendere tutta la disperazione di quel gesto. Strappare via la radio per non sapere cosa succederà e nel contempo non poter mandare alcun messaggio: "VOGLIO STARE SOLO!"
And the sweet ocean clouds will look down on my bones tonight
"Le dolci nuvole oceaniche potranno osservare i miei resti stanotte"

Ora la musica si fa dolce, commovente: finalmente la tempesta è passata e la morte ha restituito tranquillità e dignità al nostro amico.

Nella realtà dei fatti Don Allum sopravvisse alla tempesta e fu tirato in secca, mezzo morto e disidratato, dai pescatori di Nevis.
Ma Hogarth è un romantico e ha preferito che l'epilogo della vicenda fosse più triste e malinconico.

Ogni volta che ascolto questo brano giungo al finale quasi spossato, tanto che il sedarsi della musica e il rumore dello sciabordio sotto la chiglia mi danno una sensazione di abbandono delle forze e mi sento emotivamente provato.

'Ocean Cloud' è a tutt'oggi l'ultimo brano 'epico' e con forte orientamento prog dei Marillion: lungo, caratterizzato da cambi di ritmo e di ambientazione, teatrale, ispirato  e romantico.

I Marillion

Nel 1984 il grande Prog era ormai terminato e i gruppi che erano stati i grandi precursori del genere, Genesis e Yes fra tutti, continuavano a sfornare album di valore se non scarso... discutibile (Genesis e 90125 rispettivamente). I Gentle Giant dopo Civilian ebbero la decenza di sciogliersi. I Pink Floyd, minati da dissidi fra Waters e Gilmour erano da poco usciti con The Final Cut, che altro non era che una brutta copia di The Wall.

Unico faro nella notte era stato il trittico 'new wave oriented' dei King Crimson, che avevano avuto un'improvviso stop dopo il brillante Red del 1974 (in realtà si fermarono perchè Fripp incominciò a dar fuori di matto), e dal 1981 al 1984 uscirono con una nuova formazione (ma pur sempre con il buon vecchio Bruford dietro ai tamburi) e tre album: Discipline (il rosso); Beat (il blu) e Three of a Perfect Pair (il giallo). Di questi il terzo era il più debole, perchè il gruppo era già nuovamente minato da dissidi interni principalmente originati dall'insoddisfazione cosmica di Fripp (come ho appreso recentemente dalla lettura della biografia di Bruford. La consiglio vivamente!).

Il sabato mattina spesso portavo la mia primogenita (aveva 3 anni, la seconda non c'era ancora)  a fare un giro al Vomero (quartiere medio/alto borghese di Napoli) . Questo giro quasi sempre terminava in un negozio di musica dove avevo prestato servizio (pressochè gratuito!) prima di sposarmi.
Con in braccio la bambina, quel giorno, passavo distrattamente in rivista i nuovi arrivi, quando lei stessa (parlava già speditamente) mi fece notare un album con un giovane steso su un  letto e un bicchiere in mano da cui fuoriusciva un liquido rosso.
"Marillion - Fugazi" - lessi sulla cover.
Fui attratto anche io dalla cover e chiesi di poterlo ascoltare, più per far contenta la mia piccola che per me.


Dalle prime strofe cantate notai delle affinità con la musica che tanto avevo amato, nel passato recente, e acquistai entrambi gli album disponibili. Solo dopo seppi che Script... e Fugazi erano i primi due lavori dei Marillion, un gruppo (allora) nuovo che si ispirava a sonorità tipiche dei Genesis, ma aveva un chitarrista che emulava David Gilmour. Cosa potevo desiderare di più?

Da quel giorno i Marillion hanno accompagnato tutte le successive fasi della mia vita: le belle e le meno belle.
Le mie figlie sono cresciute con la loro musica, la più grande ne è stata una fan appassionata e conosce a memoria tutti gli album fino a Anoraknophobia!
Ancora oggi, quando ascolta 'Forgotten Sons', si emoziona all'ascolto di 
Approach...Friend
e il successivo splendido attacco di Rothery

Non essendo un fan nell'accezione classica del termine, non ho sofferto più di tanto quando, successivamente a Clutching at Straws, che ancora oggi considero il miglior lavoro del Mark I (con Fish al  canto), mettendo il CD Seasons End nel lettore, mi accorsi che il cantante era cambiato. Per quel che mi riguardava la loro musica mi emozionava, per cui mi andava bene così.
In brevissimo tempo cominciai ad apprezzare il nuovo cantante (Steve Hogarth) forse più del precedente (ora qualcuno potrebbe storcere il naso): il suo modo accorato di cantare e il tono di voce meno acuto di quello di Fish contribuivano a dare calore ai brani. 
'Easter' e 'The Space' ancora oggi generano in me fortissime emozioni.


Ciò che mi ha sempre colpito in questo gruppo è che su un tappeto di musica di buona fattura (nessuno di loro è un vero virtuoso dello strumento, ma hanno molta sensibilità), Hogarth ( ma anche Fish prima di lui) canta lyrics che spesso 'risuonano' dentro di me. Sono testi spesso accorati, talvolta trasognanti, ma quasi sempre con un 'peso specifico' elevato. Ti costringono a meditare sulle cose della vita, e talvolta a comprendere che non c'è una soluzione per ogni cosa.
Parafrasando Pessoa potrei dire: "Le cose vanno in questo modo perchè vanno così" 

I Marillion sono una delle band più longeve del panorama Prog Rock (anche se oggi il loro sound è molto meno prog che in passato) con i loro 28 anni di attività, di cui 21 con il cantante attuale. 
Talvolta mi sorprende che vengano ancora accomunati a Fish nonostante l'ottimo lavoro svolto da Hogarth per il doppio degli anni di militanza nel gruppo..Ma non dovrebbe sorprendermi più di tanto perchè le radio, afflitte dalle major discografiche, continuano imperterrite a passare soltanto 'Kayleigh', il loro brano più famoso (e inciso con la EMI), nonostante artisticamente, in tanti anni, abbiano prodotto brani di spessore artistico sicuramente più elevato. 
Passando per album, a mio modo di vedere e sentire, di sicuro valore quali Seasons End, Brave, Radiation e Marbles, e altri più sotto tono come This Strange Engine (in cui però spiccano, splendide, la suite che dà il nome all'album e 'Estonia'), Holidays in Eden, .com e qualche altro più recente, i Marillion Mark II continuano ad avere una presenza importante nella mia vita, più o meno come i Genesis fino al 1980.

Certo... il tempo passa e oggi i Marils, come li chiamiamo noi fans affettuosamente, non hanno più lo smalto di un tempo, molte cose sono cambiate, in loro come in tutti noi che li seguiamo da sempre. 
Forse siamo cresciuti e siamo diventati più pragmatici, più disincantati e guardiamo le cose sotto una luce diversa.
Però in (quasi) ogni nuovo lavoro riesco a trovare dei momenti di buon livello artistico, qualche lyric che mi fa trasalire, qualche buona idea che, se non mi sorprende, mi fa piacere notare che l'abbiano avuta.

Ai Marillion, dal lontano 1984 ad oggi, devo tantissimo: in questi anni mi hanno dato good vibrations, mi hanno permesso di cantare le loro canzoni insieme alla mia prima figlia (la seconda era ancora troppo piccola per apprezzare! Hanno 7 anni di differenza) e infine ho avuto la fortuna, attraverso la Mailing List italiana, di conoscere persone che considero davvero speciali, a cui sono legatissimo ancora oggi.


martedì 9 novembre 2010

La "suite" perfetta




E' tutto pronto?
OK. Fate tutto quello che faccio io.
Prima di tutto assicuratevi di essere soli in casa o che nessuno possa disturbarvi, spegnete i cellulari e staccate il telefono fisso, se lo avete.
Indossate le vostre cuffie. Meglio se senza fili... potreste sentire il bisogno di alzarvi in piedi...
Ora prendete il telecomando del lettore, posizionate il pollice sul tasto 6, spegnete le luci e accomodatevi sul divano....

Siete comodi? Io si...
Chiudete gli occhi e pigiate...
.............................................
Lo sentite? Riuscite a sentire quanta solenne malinconia c'è in questa chitarra classica?
Sentite come l'esecutore alterna sapientemente 'legato' e 'staccato' per darvi quella sensazione di amara consapevolezza che le cose non vanno come dovrebbero?
Dark and grey, an English film, the Wednesday Play
We always watch the Queen on Christmas Day
Won't you stay?
Non sempre mi piace Collins al canto, come profondità e intensità, ma qui il suo intro è perfetto, tanto da far venire qualche brivido lungo la schiena.

Ma 'Blood on the Rooftops' è l'introduzione a qualcosa di più mistico e sorprendente. Qualcosa che, nonostante il nuovo orientamento già più leggero dei Genesis, è destinato a rimanere nella memoria, perchè apre una delle suite del prog rock a me più care.

Dalle prime note della chitarra classica di Hackett, fino al fade out di 'Afterglow' entro in una specie di trance musicale e GUAI a chi dovesse avere la sventura di interrompermi (se vi riesce!).

A me succede così solo per questa suite e tre doppi album concept (in ordine di apparizione): Quadrophenia, The Lamb Lies Down on Broadway e The Wall: o sono nella condizione di ascoltarli per intero oppure non li metto per niente nel lettore!

Anche a livello interpretativo Phil è piuttosto ispirato e passa da una prima fase di paziente rassegnazione ad una di sconfortata rassegnazione:
So let's skip the news boy (I'll go make that tea)
Blood on the rooftops (too much for me)
When old Mother Goose stops - they're out for 23
Then the rain at Lords stopped play
Seems Helen of Troy has found a new face again.
Non c'entrava 'fucking' nella strofa, fra 'that' e 'tea', ma il tono di voce di Phil fa intendere che ci starebbe bene! Non vi sembra?

A conclusione di questa splendida ballad, mentre sfuma la chitarra, salgono le tastiere di Banks, con quell'arpeggio cupo e quel mellotron che simula un coro di voci femminili che ti fa accapponare la pelle.
(L'aveva già fatto in 'Entangled'. Era già riuscito a comprimere le mie corde vocali nell'ultimo acuto prima dei due secondi che anticipano l'attacco scrosciante di 'Squonk').

Non meraviglia che il brano si intitoli 'Unquiet slumbers for the sleepers', cioè "sonni inquieti per i dormienti": quei cori richiamano alla memoria il canto delle sirene o l' 'isola dei morti' di Boecklin, il dipinto tanto caro a Hitler.

Ma poi una rullata leggera sale ed è tutto un improvviso sfavillare di luci e colori, il sonno inquieto si placa e il risveglio è tutto un fulgore, con la chitarra di Steve che 'grida' sul giro di basso di Mike, con Phil che sostiene il brano a modo suo, con quella ritmica precisa e quei fill sui tom che sottolineano il riff di basso e Banks che accenta sul piano i passaggi di fase.
Sembra di vedere gente serena, la luce del sole che fa brillare ogni cosa!
Ma come ogni cosa bella... finisce subito e lo scandire del ritmo, così preciso, così cadenzato, ci fa comprendere che stiamo tornando in uno stato di disperazione che sembra senza uscita. E qui l'assolo di Banks è stupendo nel suo isterismo, sostenuto dalle chitarre che danno solennità....

Cinque colpi sui tom aprono 'Afterglow', un'altra ballad di struttura semplice, ma dotata di un tale pathos che è impossibile rimanere indifferenti.
Anche in questo brano Phil produce una splendida interpretazione con la sua partenza pacata e il crescendo di intensità che porta all'ultima indescrivibile emozione:
I miss you more!
Qui lo stacco di Phil è incisivo e devastante, accompagna la disperata solitudine che esterna nel canto con uno scroscio di piatti e rullante e poi ci accompagna sul fade out malinconico.

Avrete notato che non ho inserito links. Eccoveli..tutti e quattro di seguito. Fate in modo di non staccare fra l'uno e l'altro. O si ascolta così o niente... siete d'accordo? :-)







lunedì 8 novembre 2010

Prog Drummers - 2

Eccoci di nuovo a parlare di batteristi Prog.

Prima di andare avanti vorrei che abbiate presenti (poi vi spiego perchè) i seguenti brani:





Notate bene che non ho scelto 'Pino Daniele - Narcisista in Azione' che è un clone.
Questo è un brano che si può definire 'musica leggera di buon livello'.
In realtà la ritmica è un banalissimo cha-cha-cha




Eccezionale versione dello standard jazz 'Cantaloupe Island' di Herbie Hancock con un gruppo di tutto rispetto: Jack Dejohnette alla batteria, Dave Holland al contrabbasso e Pat Metheny alle chitarre.




Per coloro che, come me, ascoltano prog da una vita, questo brano non ha bisogno di presentazioni.
C'è il buon vecchio Bill Bruford (si, quello che dice sempre che si è ritirato ma sta sempre in giro a suonare!) dietro ai tamburi, nella formazione che è forse stata quella con maggiore continuità creativa dei King Crimson.

Ho scelto questi tre (ma avrei potuto scervellarmi a trovarne altri di ugual valore, per quello che voglio dire) perchè per tutti la ritmica è una parte fondamentale del brano. Pertanto basso e batteria devono impegnarsi a garantire l'opportuna 'ossatura' su cui si susseguiranno le note.

Eppure noterete che c'è un'enorme differenza su come viene interpretato l'uso della batteria nei tre brani:

Il batterista POP segue una ritmica incalzante, ma è piuttosto avulso dai fraseggi e dalle variazioni sul tema.
Certo, fa egli stesso qualche variazione qui e là per accentare alcuni passaggi, ma in generale segue una ritmica ben scandita perchè questo genere richiede che il virtuosismo sia eseguito dal solista, ma nel frattempo la gente deve poter continuare a ballare senza imbarazzo o indecisioni.

Il batterista JAZZ (e che batterista! E' uno dei miei preferiti!), pur mantenendo un certo rigore sulla struttura del brano, permane molto fluido, con continui fraseggi rullati, un uso della mano sinistra molto leggero, poco scandito, con accenti improvvisi e un ostinato sul piatto ride che è come se si continuasse ad ascoltare anche quando non lo suona, tanta è la sua affinità con la struttura del brano. Non illudetevi... non ci sono molti batteristi che danno la stessa sensazione di continuità della struttura del brano come Dejohnette, ma nel jazz è piuttosto frequente. Potreste avere la stessa sensazione ascoltando 'Red Baron' di Billy Cobham (che è  uno  dei miei riferimenti per quanto riguarda la fusion). Eccola...






Il batterista PROG sembra prendere entrambi le direzioni (anche qui non illudetevi! Non tutti lo sanno fare!).
Spesso dico che SOSTIENE IL BRANO, cioè lo segue alternandosi ad accentare TUTTI gli strumenti, pur mantenendosi fedele alla regola che basso e batteria devono essere molto intimi.
Notate come Bill Bruford sorregge il brano dall'inizio alla fine, riducendo o incrementando i colpi su rullante e cassa secondo la cadenza della chitarra di Fripp, rullando dove necessario, supportando il crescendo, senza sacrificare per questo il virtuosismo, ma orientandolo all'economia del brano.
Esempi come questo ce n'è tanti nel prog di buon livello. Eccone un altro che rende l'idea.



E' incredibile come Phil sia in perfetta sintonia con tutti gli strumenti SIMULTANEAMENTE: basso, chitarra e tastiere! E' sempre presente, mai ridondante, segue le dinamiche del brano contribuendo a rendere i crescendo più incisivi e i pianissimo più corposi. E sul finale, invece di usare semplicemente i piatti, preferisce una rullata sul timpano per rendere il tutto più solenne e grave.

Per 'par condicio', visto che è stato un altro dei miei riferimenti giovanili, vi posto un altro esempio di grande batterista prog che fa esattamente quello che ho tentato di porre in risalto. E godetevi il suo assolo, che è storico!



Spero di essere riuscito a chiarire, con questi esempi, la differenza fra i differenti modi di suonare la batteria, secondo il genere.
Naturalmente è più facile per un batterista prog o jazz calarsi nei panni di un batterista di musica leggera che viceversa. Per questo non deve sorprendere, ad esempio, che Gavin Harrison abbia suonato con molti artisti di musica leggera italiana, pur mantenendo la sua fisionomia di batterista prog-fusion (anche se come fusion a me non piace granchè, troppo didascalico).

Un'ultima cosa: non è sempre vero che coloro che suonano il jazz sono dei scesi in terra: talvolta sono bravi musicisti jazz o fusion, ma non riescono a compenetrarsi in altri generi. Un esempio su tutti è Chester Thompson, batterista turnista dei Genesis che, nonostante vanti una militanza nei Weather Report (non stiamo parlando della banda dell'oratorio, eh?) non è mai riuscito, a mio modo di vedere, ad immergersi completamente nel prog, pur garantendo un'onesta performance.

Come sempre.... a voi la palla!

sabato 6 novembre 2010

Prog Drummers ci si nasce o ci si diventa?



Ecco una domanda complicata a cui rispondere.
Cosa fa di un batterista un batterista PROG?
Quali sono le caratteristiche necessarie ad un 'pestapelli' per essere classificato come batterista idoneo a questo genere musicale?
E cosa lo differenzia dai batteristi di altri generi musicali come la musica leggera, il jazz, il blues e tutto il resto?

In quello splendido film con Robin Williams, che in italia conosciamo come 'L'attimo fuggente', che in realtà in inglese si chiama 'Dead Poets Society' ("La Setta dei Poeti Estinti", che è il nome che si erano dati i ragazzi che si riunivano di nascosto) qualcuno aveva preteso di interpretare la poesia in un diagramma cartesiano ortogonale a due dimensioni: vi rinfresco la memoria qui sotto.



Allo stesso modo potremmo pretendere di 'rinchiudere' la bravura di un batterista (o di un qualsiasi artista) in un diagramma cartesiano ortogonale a tre dimensioni: Talento (asse x), Tecnica (asse y) e Fantasia (asse z).
Ma come per la poesia è sciocco calcolare l'area per comprenderne il valore, così sarebbe sciocco applicarsi su un diagramma a tre dimensioni per comprendere un musicista.

Eppure è vero che genericamente possiamo affermare che qualsiasi musicista necessita delle 3 dimensioni sopra citate, ma ancora una volta, come nella poesia e in tutte le arti terrene e ultraterrene, ciò che conta è COSA CI TRASMETTE!

Dal mio punto di vista, batterista amatoriale quale sono, posso assicurarvi che ci sono batteristi dotati di enorme tecnica che mi lasciano completamente 'freddo' e altri più modesti che mi esaltano.

Facciamo un esempio calzante: i Porcupine Tree hanno avuto nella loro carriera due splendidi batteristi: Chris Maitland fino a Lightbulb Sun e Gavin Harrison da In Absentia ad oggi.
E' innegabile che dei due il secondo sia quello più dotato tecnicamente, è un docente, è stilisticamente perfetto, come si può osservare nel video qui di seguito.



Lo avete visto.... riuscireste mai a darmi torto su questo? Di tecnica ne ha da vendere! E non possiamo dire che non abbia talento! Lo si vede dalla naturalezza con cui segue il ritmo, dal modo in cui muove le articolazioni e tutto il resto! Nulla da dire su di lui!
Esegue alla perfezione ciò che il leader del gruppo (Steven Wilson) gli sottopone e richiede, senza sbavature, mai un colpo di troppo nè uno in meno: perfetto!
Io l'ho anche conosciuto ad un concerto dei Porcupine Tree: ci facemmo una chiacchierata io, lui e una mia amica fissata con la batteria (ne ho due di amiche così! Sorprendente, vero?)... è anche piuttosto simpatico e comunicativo (al contrario degli altri membri del gruppo).

Ciononostante preferisco Chris Maitland! PERCHE'?


Ecco un suo brevissimo video




Ho scelto questo proprio per dimostrare quello che asserisco: Chris è stilisticamente meno perfetto, probabilmente ha una tecnica che è la metà di quella di Gavin, ma ascoltate attentamente quello che fa quando rimane solo nel finale del brano: usa la doppia cassa in modo poco convenzionale, appoggiandola lì dove non suona i tamburi, senza renderla ostinata o ridondante (come talvolta accade nel prog metal) e soprattutto termina il brano sorprendendoci un pò.
Ritornando al sistema di assi cartesiani nello spazio, Chris ha sicuramente un'area talento/tecnica più piccola di quella di Gavin, ma se aggiungiamo il terzo asse, la fantasia, allora, sempre a mio modo di vedere e sentire, il volume del parallelepipedo ottenuto è sicuramente maggiore di quello di Gavin.

Tralasciando oziose trasposizioni matematiche dell'arte, ritorniamo al punto di partenza: quello che conta in un musicista così come per qualsiasi artista, è TRASMETTERE UN'EMOZIONE, magari suscitando la sorpresa, provocando un sussulto o semplicemente, nel caso di un batterista, inserire un colpo a sorpresa in un fill, perchè così ha sentito di fare, non per forzatura tecnica!

Vi sarete accorti che non abbiamo parlato delle caratteristiche che deve avere un batterista per suonare un genere musicale così articolato come il prog rock.
Ve lo dirò in un altro post. Ora godetevi questi due fantastici musicisti!

Chris Maitland




Gavin Harrison


lunedì 1 novembre 2010

Nursery Cryme - 2

For Absent friends


Avete presente un tipico paesino inglese dell'epoca vittoriana?
Tutti quei paesi il cui  nome termina in "ton" o in "th", dove tutto è in ordine, pulito e la gente sembra vivere una vita serena?
Ascoltate questi due minuti di musica, le parole sono al link precedentemente segnalato.









Non vi sembra di vedere la scena?
Queste due vedove che, in ritardo per l'orario di chiusura (sono le 6 di domenica pomeriggio) corrono su per il prato per andare a pregare in chiesa per i loro mariti scomparsi, passando davanti alle giostre ormai chiuse, delle quali una gira ancora, forse per il vento o forse perchè è appena sceso l'ultimo bambino. Fa freddo, ma c'è ancora chi, come loro, si è attardato e s'incammina verso casa spingendo una carrozzina.
Il parroco le conosce bene e le saluta con un cenno del capo come per dire: "Siete sempre le solite!"
Pregano per un pò, troppo poco, poi lasciano la mancia (twopence è una moneta del tipo dei nostri 2 eurocent) e corrono a prendere l'autobus che le riporterà a casa.
A parte il fraseggio di chitarra, dove si sentono forti le influenze di Hackett e Banks, e la voce di Phil, che da questo momento in poi si assumerà l'onere di cantare (con una inflessione gabrielliana che non abbandonerà mai più) tutti le parti in alta tonalità, per me la chiave di tutto il brano è nella frase: "looking back at days of four instead of two, years seem so few", cioè "ricordando i tempi in cui si era in quattro contro quelli attuali in cui si è in due, sembra siano stati troppo brevi". In genere quando uno prega si assenta, è solo e pensa soltanto alle sue disgrazie. Qui c'è mutua sofferenza e rassegnazione.
Le immagini saltano fuori man mano che il brano va avanti.
Ve l'aspettavate tanta poesia in soli 2 minuti di musica?

C'è un'altra versione di questo brano, evidentemente molto caro a Hackett, in cui canta John Wetton.








Eccola. tratta da "Genesis Revisited". E' più orchestrale e la mia sensazione è che si perda un pò l'atmosfera vittoriana della versione originale. Che ne dite?