domenica 6 marzo 2011

Steve Hackett - 1




Chi di voi avrebbe mai incominciato un album, o meglio una carriera solista, con un brano del genere?
Ritmicamente complesso, con chitarre tirate allo spasimo e intervalli di acustica micidiali, linee di basso articolate e sorrette da un drumming fantasioso ed incisivo!

In realtà Voyage of the Acolyte vide la luce poco tempo prima della fuoriuscita di Steve dalle fila dei Genesis, ma immagino che egli già intravedesse il progressivo allontanamento degli altri tre (Gabriel era già alle prese con la sua carriera solista) dalle sue composizioni un pò barocche, solenni e incentrate sulla miscela di chitarre acustiche, classiche ed elettriche.
In realtà l'album suona Genesis perchè vi suonano Rutherford e Collins, ma rispetto alla band di origine trovano spazio ritmiche più nervose, chitarre più acide, inserimenti di porzioni classicheggianti, effetti sonori, ironia e tutto quello che caratterizzerà per sempre la successiva produzione musicale di Steve.

La sua 'insana' passione per la musica classica (più volte citerà Bach nelle sue composizioni) lo porta a comporre brani di notevole spessore, con crescendo di notevole intensità. Il brano che segue ne è un esempio!




Ascoltate come si uniscono man mano tutti gli strumenti a partire dal glockenspiel iniziale, l'incredibile energia che si sprigiona man mano che il brano sale d'intensità, la gravosità delle note basse che contribuiscono a conferire pathos al brano, il lavoro di cesello delle variazioni di Phil dietro ai tamburi, i brividi che salgono lungo la schiena quando fa stridere la chitarra sulle campane tubolari nel finale....
E' incredibile notare che una tale emozione si sprigiona essenzialmente da TRE note ripetute all'infinito!

Ma Steve è questo ma anche tutt'altro! 
In realtà la sua personalità musicale comincia ad essere manifesta a partire dal primo vero album solista, dove non sono più presenti i suoi vecchi 'compagni d'armi', ma prende in prestito un paio di elementi dagli americani Kansas (cantante e batterista) e lascia cantare due brani a Richie Havens e uno, splendido, a Randy Crawford, dando vita a Please don't Touch, che non fu immediatamente compreso in quanto si staccava decisamente dalle sonorità genesisiane del primo lavoro.

Credo di non aver mai sentito una canzone d'amore altrettanto toccante come questa.





Musicalmente è splendida, con quell'intermezzo classicheggiante che anticipa l'intensa interpretazione di Randy. Mi sconvolge OGNI VOLTA che la sento urlare:
How can I go on alone when your love
when your love is all I've known 
 ...e credo che ancora una volta l'oggetto dei pensieri di Steve fosse la bella Kim.

E quella chitarra con il feedback, così dolce e suadente. 
Nessuno tocca le corde come Steve. Potranno esserci centinaia, migliaia di chitarristi più dotati tecnicamente (sebbene venga considerato il 25mo miglior chitarrista della storia del Rock), ma la sua sensibilità sulle corde sia dell'elettrica che della classica sono inimitabili.
Ho sentito e apprezzato decine e decine di chitarristi jazz, rock e fusion, ma nessuno è mai riuscito come lui ad entrare così in sintonia con le vibrazioni della mia 'anima musicale'.

Un altro esempio?





Ascoltatelo bene... il brano è un rock piuttosto vivace ed allegro, come dichiara anche il suo titolo, che tradotto significa "Corsa in La". Apparentemente potrebbe scorrere via piuttosto leggero se non fosse per il sorprendente quanto inatteso finale sulla chitarra classica che lo rende unico, inimitabile ed indimenticabile!

Come Please don't Touch, tutti gli albums di Hackett sono caratterizzati dall'evidente espressione in musica del carattere dell'artista, che sa essere ironico e vivace, duro e graffiante, ma anche malinconico e solenne!

Anche nel brano che segue la partenza sembra piuttosto vivace, ma quando è il momento di Steve le note si fanno più lunghe, l'ambientazione più malinconica e il suo assolo strappa una forte emozione.






Dal minuto 2:55 fino alla fine è un crescendo di emozioni!
E al minuto 4:08, quando fa letteralmente 'piangere' la chitarra, è un gigante!
Le corde tiratissime e le note lunghissime che anticipano lo staccato sul finale sono un'altra caratteristica peculiare di questo grande artista.





Eccolo ancora alle prese con una composizione dal sapore neoclassico.
Ascoltate il tocco morbido delle corde.
Mi dà sempre la sensazione che il suono arrivi qualche decimo di secondo dopo che te lo attendi, conferendo al brano fluidità e dolcezza.
Come ho avuto spesso modo di dire in altre sedi, conosco solo due chitarristi che mi danno questa sensazione, che per me è estremamente emotiva: lui e il mio amico maestro già citato più volte in questo blog (che peraltro segue con passione questo stesso blog).

Ora voglio lasciarvi 'digerire' questa prima porzione delle innumerevoli sensazioni che ci dona questo grande musicista. Come al solito attendo commenti e a presto per la seconda parte!

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