lunedì 27 giugno 2011

L'Amore ai Tempi del Prog (2)


Ciao a chi mi legge (e siete in tanti...Grazie!)

Visto l'incredibile successo del precedente post sull'argomento, che in breve tempo (è stato pubblicato ad aprile) ha soppiantato al secondo posto in classifica quello sui Brand X, mi è sembrato opportuno ritornare sull'argomento.

Forse, come quello dei Brand X, il post sull'amore è molto clickato perchè unisce le parole 'amore' e 'prog' insieme, per cui viene rintracciato anche involontariamente... ma cosa importa?
Godiamoci questo successo con qualche altro splendido esempio di buona musica ispirata dall'amore nei suoi differenti aspetti!


Vi ricordate un vostro primo appuntamento?
L'eccitazione del momento, il cuore che batte forte in gola, le mani che tremano e tutto il resto?
Beh... prima dell'appuntamento ci sono sempre i preparativi: scegliere la mise da indossare, curare la propria persona, provvedere (più frequentemente per noi maschietti) a procurarsi un piccolo pensiero che possa sorprendere l'interlocutore e tutto il resto.

Ascoltate i Genesis come interpretano un appuntamento galante...




Attendete che il mio cuore smetta di palpitare all'impazzata....
E' un brano di una dolcezza incommensurabile!
Cosa c'è  di più dolce di un appuntamento con la persona che si brama avere tra le braccia?

Cercate di comprendere il differente atteggiamento mentale dei due:

Lei: Torna a casa dal lavoro, rimuove velocemente i resti della colazione del mattino, si getta sotto la doccia e poi cura la sua persona con spezie e profumi per sentirsi più adeguata all'evento. Come tutte le donne si attarda in questa pratica e quando si ricorda che dovrebbe rifare il letto è troppo tardi e si prepara per uscire;

Lui: Ha fatto una doccia veloce, si è vestito di tutto punto, si è spruzzato un pò di profumo, ha preso il piccolo dono (la "Chocolate Surprise") per la sua compagna e mentre, tutto impettito, prende la porta, si accorge di non aver rifatto il letto e pensa: "Cosa importa? Dovrò rifarlo con lei stanotte!". Chiude a chiave il suo seminterrato e vola su per le scale.

A questo punto il narratore, che non a caso è un tale Peter Gabriel, ci lancia un messaggio:

Take a little trip back with Father Tiresias
 Listen to the old one speak of all he has lived through
I have crossed between the poles, for me there's no mystery
Once a Man like the sea I raged,
once a woman like the earth I gave
But there is in fact more earth than sea

Padre Tiresia fu chiamato a dirimere una controversia amorosa fra Zeus e Era, che volevano sapere chi, in amore, prova più piacere.
Tiresia, che era stato prima uomo, poi donna, poi ancora uomo, rispose che in amore il piacere si compone di dieci differenti parti: l'uomo ne prova soltanto una, la donna invece le altre nove. 

Tutto questo è trasportato mirabilmente in musica con la prima parte del brano ricca di dolci arpeggi di chitarra a supporto ora della voce di Gabriel, ora del suo flauto traverso.
E' la dolcezza, mista all'eccitazione, dell'attesa e della preparazione dell'evento.

A partire dal minuto 5,55 l'ambientazione cambia: il tempo muta in 7/8 e la ritmica si fa più sostenuta: ora i due giovani sono insieme e godono della reciproca compagnia e tutto sembra andare come entrambi speravano: le schermaglie amorose, i complimenti smisurati, gli sguardi d'intesa, la mano nella mano, i baci profondi e qualche carezza audace.
Non è meraviglioso tutto ciò?

Come meravigliosa è la ritmica fluida di Collins, che in paradiddle fra cassa, rullante e hi-hat ci regala un altro esempio della sua maestria. Il tutto in appoggio al lungo e intenso assolo di tastiere di Banks.



Un vecchio adagio diceva 'L'amore non è bello se non è litigarello'.
In questo brano, però, le conseguenze dei litigi stanno portando all'esasperazione il nostro Nick D'Virgilio:





Il brano parte molto elettrico, come accade sovente negli Spock's Beard (ricordiamo che sono americani!), ma successivamente evolve verso una sezione sempre più intimista, fino a terminare con la sola voce accompagnata dalla chitarra.
Vi prego di notare quanto sia superlativo il drumming di Nick, sempre così ispirato, ricco ed efficace. In realtà tutti i musicisti sono di ottimo livello.
Al minuto 3,20 c'è il momento più intenso del brano, con quel canto accorato e il successivo crescendo di tastiere che apre a una nuova sezione cantata.
Quando la musica lentamente scompare e rimane solo voce e chitarra la sensazione di disagio è tangibile.
I've found my bottom line
or it found me 
E' allo stremo e non vuole ammettere di dover prendere una decisione, allora spera che sia la decisione a farsi strada da sola nella sua testa.
Non è buffo, è drammatico: quante volte avete avuto la stessa sensazione anche voi?


Sfortunatamente l'amore non ci regala solo gioie.
Sarebbe troppo bello vivere soltanto le leggere, piacevoli sensazioni del primo appuntamento, o dei primi tempi di un rapporto, con gli inevitabili litigi e riappacificazioni (che in fondo sono la parte migliore del litigio!).

Spesso le cose si complicano e  ci si trova ad affrontare differenti stati d'animo...
In questo i Marillion sono maestri!
Ascoltate questo brano.





Prestate attenzione all'intensissima interpretazione di Hogarth, che canta come se avesse davvero il cuore in frantumi nelle sue mani.
L'intro fosca e tetra e l'attacco esplosivo di chitarra sono eccezionali.
Notate il drumming ruvido di Mosley, con quella strana, ma azzeccatissima, sincope e il basso preciso e fluido di Trewavas.

Ma è il secondo attacco di chitarra, seguito dall'assolo, a strappare l'emozione, perchè Rothery interpreta alla grande il pathos del brano, con quelle sue note lunghe, i bendings, gli outsiders e tutto il resto!

E quando Hogy riprende a cantare e urla:
...and you know how it is!
with this fragments of love
and this splintering heart 
with this fragments
and this splintering heart! 
La sensazione finale, quando torna l'ambientazione tetra dell'intro, è di spossata tristezza.

E' un brano molto intenso, non è vero?


A questo punto avrei potuto inserire un brano che potremmo definire 'Le conseguenze dell'amore'.
Se vi va, andate a riascoltarvi 'Nothing at All' dei Gentle Giant  nel post a loro dedicato.
Qualora non aveste avuto l'occasione di leggere di loro, potrebbe essere questo il momento giusto(Anche perchè in quella pagina c'è un'altra splendida canzone di un amore finito: 'Think of Me With Kindness')!

Sull'argomento delle 'conseguenze' , ma basato su una storia decisamente più fantasiosa, non posso trascurare di aggiungere quello che capita a Rael, protagonista di The Lamb Lies Down on Broadway, dopo aver goduto dell'amore delle Lamia!





Che splendore, non è vero?
Con quel pianoforte dolce e struggente al tempo stesso!
E la voce di Peter è così calda e avvolgente...

Mute melodie riempono la sala echeggiante
e non c'è alcun segnale di pericolo
nel richiamo delle sirene
Ma come sovente accade... il pericolo si manifesta quando è ormai troppo tardi.
Per non diventare uno 'slipperman' Rael sarà costretto a subire un'evirazione.


In alcuni casi tutto l'insieme di sensazioni positive che si provano in amore non viene generato da un'altra persona o essere vivente, ma da qualcosa che non è materiale.
Ne senti il flusso nel tuo corpo ogni volta che riesce a sorprenderti, ne godi dei benefici quando ti ci trovi a contatto diretto, quando riesci a sentire che ti appartiene e che non tradirà mai le tue aspettative.
Il prossimo brano è il manifesto di questo blog: non è prog, è un semplice rock sinfonico, ma dice esattamente ciò che provo nei confronti della MUSICA.





Continuo a pensare che la MUSICA sia davvero l'unica cosa che non mi lascerà mai solo.

giovedì 16 giugno 2011

Il Banco Del Mutuo Soccorso

Questo post è dedicato a mio fratello Giancarlo.




Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo, e sfrena il tuo volo 
dove più ferve l'opera dell'uomo. 
Però non ingannarmi con false immagini ma lascia che io veda la verità 
e possa poi toccare il giusto.


Da qui, messere, si domina la valle ciò che si vede, è. 
Ma se l'imago è scarna al vostro occhio scendiamo a rimirarla da più in basso  
e planeremo in un galoppo alato entro il cratere ove gorgoglia il tempo.





Ho conosciuto così il Banco del Mutuo Soccorso, a casa di un mio amico che aveva questo strano LP a forma di salvadanaio di terracotta.
Anche il mio amico era piuttosto strano, ma simpatico!

Ascoltate 'R.I.P.', il brano successivo all'introduzione!
Che ritmica, che fuoco nelle vene, che testi grondanti il sangue delle vittime inutili  di tutte le inutili guerre (occhio: non le 'guerre inutili', ma le 'inutili guerre'. Tutte le guerre sono inutili)!
E il susseguirsi degli assoli di chitarra, break maestoso di piano e assolo di tastiere elettroniche... è mozzafiato!
Poi, quando Gianni Nocenzi sale in cattedra ci regala un finale al pianoforte di alta classe e intensità...
E la voce tenorile di Di Giacomo, nonostante inizialmente possa lasciare un pò sorpresi, si appoggia perfettamente sul tappeto di note creato per lui dai fratelli Nocenzi.

Ammetto il mio 'peccato originale': non sono un amante fervente del RPI (Rock Progressivo Italiano), sebbene mi sia affacciato al Prog con Felona e Sorona di Le Orme e mi sia innamorato di alcuni brani degli Osanna e PFM (senza però mai approfondirne la discografia), ed abbia 'promosso' tra amici e parenti albums dei Goblin e di Città Frontale (El Tor - unico album del gruppo e per me è uno dei più alti esempi del RPI di un certo tipo!).

Ma il Banco ha sempre avuto su di me un fascino particolare.
Non so se sia per i testi impegnati e (allora) politically incorrect, se per la presenza costante del pianoforte (e che pianoforte! Gianni Nocenzi è un virtuoso di una sensibilità incredibile!), che, dopo la mia amata batteria,  è uno dei miei strumenti preferiti, se per il drumming ricercato e efficace di Pier Luigi Calderoni, se per la vena interpretativa e la voce di Di Giacomo o le complesse costruzioni armoniche e melodiche dei fratelli  Nocenzi, o ancora la ricerca degli effetti sonori sulle tastiere  elettroniche di Vittorio... probabilmente per tutte queste cose messe insieme!

Nonostante siano evidenti le radici mediterranee (ed è questo che, essenzialmente, caratterizza il RPI e lo rende un genere a se stante), con le influenze ora arabe, ora indiane, ora spagnole e francesi, il Banco aveva un sound più "europeo", più vicino alle correnti crimsoniane e gentlegiantiche di tutti gli altri gruppi italiani. Probabilmente questo contribuiva a rendermelo più 'affine', sebbene nel 1973-74 io fossi ancora agli albori della mia 'frequentazione' del Prog.


L'album omonimo è del 1972. Sempre nello stesso anno la band uscì con un altro lavoro (Darwin!) che si poneva in netta contrapposizione ai dettami della chiesa appoggiando decisamente la teoria evoluzionistica di Darwin.


Ascoltate questa suite di apertura dell'album. E' splendida nella sua interezza.
Non c'è un attimo di caduta di tono, l'alternanza di fasi ritmiche e melodiche, i pianissimo e gli interventi di pianoforte meritano davvero tutta la nostra ammirazione.
Ma prestate anche attenzione ai testi e collocateli in un periodo storico dove la chiesa era meno indulgente di oggi e preferiva una "sana ignoranza" alle prese di coscienza:

Prova a pensare un pò diverso
Niente da grandi dei fu fabbricato
Ma il creato si è creato da sè
Cellule, fibre energia e calore





L'intero album continua sullo stesso livello artistico e...fateci caso... tutti gli interventi di pianoforte sono pertinenti, efficaci e di tangibile bellezza.
Non a caso fa parte di questo album anche la splendida '750.000 anni fa... l'amore', che vi ho proposto nel post sull'amore.
Se volete darci un occhio...
http://proglessons.blogspot.com/2011/04/lamore-ai-tempi-del-prog.html


Il Banco a quei tempi sentiva di dover dire qualcosa di importante, attraverso la musica, per cui la successiva uscita, che a mio modo di vedere è il loro capolavoro, trattava della prigionia, la guerra e le estreme conseguenze che tutto ciò porta nella vita delle persone che vi sopravvivono.

Ascoltate questi due brani in sequenza ed immaginatevi un prigioniero politico che dopo anni di prigionia, stenti e umiliazioni,  riesce finalmente a tornare a casa. Inizialmente è convinto di essere tornato a casa SUA...





Il pianoforte di Gianni ci porta subito in un clima tetro, amaro, pieno di mura umide, punizioni corporali ed umiliazioni del corpo e dell'animo umano.
Prestate sempre attenzione ai testi, sono sempre attuali. E sempre lo saranno, fintanto che ci saranno persone sequestrate e oppresse per le loro idee.
Al quinto minuto... quel lamento (fatto con il sintetizzatore) è struggente e fende come un rasoio, come tutto lo sviluppo musicale  successivo, con le note grevi emesse con quell'effetto tetro.
Ma è splendida la parte centrale e l'intermezzo di percussioni, non è vero?

In realtà tutto il brano è splendido!






Entrambi i brani meriterebbero di essere inseriti nella mia lista degli standard prog, ma secondo me il secondo è più ricco, con quell'intro dal ritmo pulsante splendidamente interpretato da Calderoni (da ragazzo ci misi un pò a studiarlo), e la musica rende evidente la spossatezza del ritorno, dopo tanti patimenti:

T'ho amato donna e parleranno ancora i nostri ventri
ma come è debole l'abbraccio in questo incontro! 
Dove ho vinto? Cos'è che ho vinto?
Quando io credo che niente più è lo stesso
Ora è tutto diverso 
Per Dio, ma cos'è successo di così devastante a Stalingrado?

Mi si accappona la pelle prima ancora di riascoltare il brano, perchè questo è un momento musicale di alta scuola! Attraverso la musica, con quell'arpeggio nervoso di chitarra, le tastiere che imperversano e la batteria che mantiene una ritmica ossessiva, si sente tutta la disperazione di quest'uomo che, a questo punto, non riesce a comprendere se per caso non sarebbe stato meglio rimanerci secco, piuttosto che sopportare tutto ciò che il suo ritorno, inevitabilmente, genererà in lui e nelle persone a lui care...


I testi del Banco, qualunque fosse l'argomento trattato, erano sempre molto significativi, ogni frase aveva il suo elevato peso specifico e nel complesso inducevano a pensarci un pò su.

Anche quando, spostandosi dal socio-politico, passarono ad argomenti un pò più intimisti come i rapporti interpersonali (e nell'album che propongo di seguito si parlava proprio di loro sei), ogni frase era introspezione e incitamento a meditare.

Come in un'Ultima Cena, album dal titolo inequivocabilmente simbolico, è l'ultimo album del Banco  che considero degno di nota (ma fra questo e il precedente ce ne sono altri due di buon livello).
L'album è più song oriented e non compaiono più suite che toccano e superano i 10 minuti, ma vi prego di ascoltare i prossimi due brani, che ne rappresentano appieno l'ottimo valore. 





Il contrasto fra l'intro di piano estremamente dinamica e a tratti drammatica e il successivo momento soffuso rende l'idea del testo:

Dopo la tempesta ho vagato a lungo fra i coralli
sulla mia pelle sentivo il peso del mare
ed ho creduto di non tornare più al sole
ma il desiderio d'immenso scuoteva le mie reni
io dall'abisso sono risalito

E' un bel brano, davvero: molto intimista il testo, molto bella la musica che lo sostiene.


Così come lo è il successivo, permeato com'è di presa di coscienza delle proprie possibilità e potenzialità.





Anche in questo caso l'intro è pulsante e dinamica, ma la parte più bella e ricca di feeling è il finale cantato:

Sui gradini del vostro rifiuto
Io sto salendo verso la mia porta
Questa notte l'arpa notturna
 suona invano il canto delle paure

Quando ho incominciato ad ascoltare il BMS avevo soltanto 15 anni e la testa leggera e piena di fantasie.
Con la sua musica e i testi impegnati mi ha aiutato a crescere...
Nonostante la mia testa permanga piena di inutili fantasie (ma per gli amici più cari è la mia caratteristica più positiva) devo ringraziarlo per avermi reso, in quegli anni, se non migliore, almeno più consapevole.

E ringrazio mio fratello, che a suo tempo si prese l'onere (e sicuramente l'onore, visto che li ha apprezzati  almeno quanto me) di  portare avanti l'acquisto degli LP man mano che uscivano.
Quando ci dividemmo gli LP per me fu un duro colpo separarmi dal BMS, tanto che successivamente riacquistai questi quattro album, che considero la loro discografia essenziale, in CD.

I più distratti, o quelli che non hanno seguito il BMS a quel tempo, sgomberino la mente dalle varie 'Paolo Pà', 'Moby Dick' e qualche altro brano più famoso di questo gruppo: il VERO Banco del Mutuo Soccorso è quello descritto in questo post, è racchiuso in queste perle di grande valore (e in altri estratti da questi albums), dove la musica avvolge i testi ed ognuna di queste componenti è parte integrante e complemento dell'altra, creando uno splendido equilibrio di forma, contenuto, complessità tecnica e feeling.

sabato 11 giugno 2011

Standards Prog... esistono?

La Wikipedia cita testualmente: "Uno standard è una norma accettata, un modello di riferimento a cui ci si uniforma affinchè sia ripetuto successivamente".

Forse i più giovani non sapranno che il nome dei grandi magazzini STANDA derivava proprio da "standard". In quei magazzini tutto ciò che si vendeva era prodotto in serie (e per questo a prezzi più accessibili).

In musica, in genere, lo standard si associa alla musica jazz ed è solitamente un brano creato da un musicista  e suonato e interpretato da altri musicisti, in forme spesso aventi una struttura di base fissa, sulla quale i solisti prima eseguono il tema e poi improvvisano assoli per uno o più giri ciascuno. In genere il brano termina con una reprise del tema e un finale.

A differenza di quanto spesso riportato, lo standard non è semplicemente un brano famoso, ma un brano "di riferimento", cioè dotato di alcune caratteristiche che valgono la pena di essere studiate e metabolizzate per poter migliorare il proprio bagaglio tecnico/musicale.
Così per esempio, a mio modo di vedere, Hello Dolly di  Louis Armstrong può essere considerato un evergreen, ma non uno standard, mentre sicuramente Cantaloupe Island di Herbie Hancock è uno standard ma non precisamente un evergreen.
Ciononostante ci sono molti casi in cui lo standard e l'evergreen sono un tutt'uno, come nel caso di All the things you are di Jerome Kern, suonata e cantata da tutti, compresi Frank Sinatra e Barbra Streisand.

Parafrasando il povero Ivan Graziani potreste dire: "Si ma...Tutto questo cosa c'entra con il Prog Rock"?
Apparentemente poco, perchè in questo settore musicale, fino a qualche tempo fa, i musicisti non si scambiavano volentieri i brani fra loro e l'esecuzione di altri era più spesso una cover e non una reinterpretazione del brano.

La differenza fra standard e cover sta proprio nel fatto che il primo è soggetto a reinterpretazione e talvolta anche modifica della struttura e della velocità di esecuzione, mentre la seconda è quasi sempre una riproduzione il più fedele possibile dell'originale, pertanto priva di qualsiasi spunto creativo. Inoltre la cover è quasi sempre un brano evergreen.

Fino a qualche tempo fa...





Come potete notare questa è propriamente una cover. Non ci sono rilevanti variazioni rispetto all'originale.





Invece questa può essere considerata l'esecuzione personalizzata di uno standard, in quanto ne è stata mantenuta la struttura di base, ma vi sono state apportate significative variazioni che in qualche modo ne caratterizzano l'esecutore.

Per quanto possa sembrare incredibile tra le migliori coverbands di progressive rock ci sono quei caciaroni ipertecnicizzati dei Dream Theater: hanno riproposto in modo pressocchè perfetto albums interi dei Pink Floyd, brani dei Kansas, Genesis, Marillion, etc.

Ma secondo voi... quali potrebbero essere gli Standards Prog?
Quali brani potrebbero essere insigniti di tale fantastica onoreficenza?
E soprattutto... vista la definizione di standard... per quale motivo?

Ora potrebbero scatenarsi orde di progger indemoniati, ciascuno con la sua personale tracklist e le sue motivazioni. Sarebbe divertente poterle osservare tutte (e in ogni caso se me le postate la discussione è apertissima!)...

Io vado ad elencarvi la mia personalissima top ten di tracklist di standards, tentando come al solito di farvi partecipi delle mie valutazioni tecnico/emotive.
Coloro che mi seguono con maggior frequenza avranno già visto citati alcuni di loro nei miei precedenti post.
Vi assicuro che, se ci ragionate su, non ci sono tantissimi altri brani che possono presenziare in questa lista!


Track 01: 21st Century Schizoid Man - King Crimson





Come mi è capitato di dire già in passato, secondo me questo brano è il manifesto del Progressive Rock.
Notate quanto ci sia di delirante, sorprendente e innovativo ancora oggi, a distanza di 42 anni dalla sua pubblicazione!
L'esplosione con cui si apre il brano mette immediatamente in vibrazione tutti i nervi del corpo, gli intermezzi vocali filtrati, il sax in sincrono con la chitarra nei riff (successivamente Steve Hackett riprenderà questa tecnica e la farà sua), l'incredibile drumming di Michael Giles, con tutti quei contrappunti ora sul hi-hat, ora sui piatti, sul rullante e sui tom, la chitarra disperata di Fripp che miagola e urla all'impazzata, il basso di Lake che sottolinea tutte le parti, gli interludi sincopati e in sincrono perfetto (ripresi poi da moltissimi altri musicisti, probabilmente folgorati dall'evento del primo ascolto), i pianissimo alternati ai fortissimo, il finale isterico e a tratti cacofonico, contribuiscono a rendere questo brano unico nel suo genere per ricchezza di idee, impatto e difficoltà di esecuzione.
Merita sicuramente di essere il primo della lista!

Qualora voleste approfondire l'argomento King Crimson vi riporto il link:
http://proglessons.blogspot.com/2010/11/i-king-crimson.html



Track 02: The Fountain of Salmacis - Genesis






In questo brano, di cui peraltro ho già parlato diffusamente nel post dedicato all'amore nel Prog, c'è tutto quello di cui uno standard necessita: innovazione, feeling, tecnica, ardore interpretativo, sviluppo armonico e melodico di alto livello.

Vi allego il link:
http://proglessons.blogspot.com/2011/04/lamore-ai-tempi-del-prog.html




Track 03: The Runaway - Gentle Giant









Sebbene i GG avessero già prodotto alcuni albums di elevatissimo valore, l'assestamento della formazione permise loro di realizzare In a Glass House con la piena consapevolezza dei loro mezzi.
A parte l'intro di incredibile efficacia, con quel suono di vetri infranti che poi diventa ritmico, il crescendo delle tastiere e il micidiale attacco, che nel vinile parte prima da un solo lato e poi esplode in tutta la potenza del suono stereofonico (purtroppo nel CD qualche balordo tecnico del suono ha ritenuto che fosse un difetto e l'ha uniformato... si è perso così un impatto emotivo fortissimo!), il brano ha una ritmica pulsante, inusuale...e giustamente parla di un evaso in fuga!
Ma la parte che secondo me ha quel tocco di classe in più è il solo di vibrafono, che è uno dei più belli che abbia mai sentito!

Se vi interessano i Gentle Giant non avete che da clickare...
http://proglessons.blogspot.com/2010/12/i-gentle-giant.html






Track 04: Shine On You Crazy Diamond - Pink Floyd






Le quattro note che hanno cambiato la musica!
Ma questo brano non è soltanto questo...
Provate a prestare attenzione all'intro di tastiere... non è soltanto un accordo che si protrae per un tempo lunghissimo. Sotto si sentono degli effetti pulsanti che fanno venire alla mente lampi di luce, flash di immagini della memoria e in ogni caso la netta sensazione che ciò che sta per incominciare non sarà per niente allegro e rilassante.
Il brano è permeato tutto di tristezza e malinconia e lo si comprende già dall'inizio. Prima ancora di sentire quei quattro rintocchi che ci immergono definitivamente nell'atmosfera.
"Ricordo che quando eri giovane brillavi come il sole
brilla ancora pazzo diamante!"
E ascoltate Gilmour con quanto ardore sottolinea con la sua chitarra dai toni blues tutto il malessere che traspare dalla musica e dai testi.

Recentemente ho letto un libro, regalatomi dalle mie figliole, che narra la storia dei Pink Floyd attraverso testimonianze e interventi (inventati dall'autore, ma tutto sommato con una parvenza di verosimiglianza) di personaggi realmente esistiti, e di quanto questi fossero rimasti legati per tutta la loro esistenza al fantasma (vivo o morto) di Syd Barrett. C'è da crederci se l'album a lui dedicato è così intenso, straziante e rassegnato al tempo stesso.

Per coloro che si sono persi il mio post sui miti del Rock psichedelico, ecco il link:
http://proglessons.blogspot.com/2010/12/i-pink-floyd.html






Track 05: Close to the Edge - Yes







Di questo brano ho parlato nel mio recente post sugli Yes:
http://proglessons.blogspot.com/2011/06/gli-yes.html


Perchè lo considero uno Standard Prog? Perchè ha dentro tutti i dettami del Prog delle origini: è una suite che comprende: solennità, ritmiche complesse, assoli splendidi, interludi delicatissimi, sonorità tanto caratteristiche da divenire successivamente una specie di marchio di fabbrica, un cantante che fa accapponare la pelle con la sua voce e tutto il resto. Vi sembra poco? A me no!




Track 06: Firth of Fifth - Genesis




Ci crederete o no, ma a quel tempo molti maestri di pianoforte furono esortati dai loro studenti ad ascoltare l'inizio di questo brano e alla fine la domanda era sempre la stessa: "Me lo insegna?"


Firth of Fifth è particolare già dal titolo: un gioco di parole (tanto cari a Gabriel) che trae spunto dal Firth of Forth, che è la profonda insenatura su cui si affaccia Edinburgo. Forth si pronuncia quasi come Fourth che significa "quarto", così come Fifth significa "quinto", pertanto tutte le traduzioni assolutamente pretestuose che riportavano qualcosa come "Cinquanta per cento" o "Il quinto Fiordo" sono assolutamente prive di fondamento.

L'intro classicheggiante, con il solo pianoforte, e il fantastico impatto emotivo che si prova quando il brano parte in tutto lo splendore e la profondità della voce di Peter, con tutti gli strumenti a sorreggerlo e a sottolinearne la maestosità, quegli intermezzi soft e le reprise poderose preludono soltanto alla parte fondamentale del brano, quella che la rende un indiscutibile standard prog.

Quando Gabriel soffia nel flauto con dolcezza, il nostro animo si placa e si appoggia sulle onde tranquille della musica, che si trasforma in un intermezzo di pianoforte fino a volare sul crescendo che esplode nel mitico, storico, ineguagliabile, prorompente e perfetto assolo di chitarra di Steve Hackett!
Ma ascoltate anche tutto il resto del gruppo come contribuisce a rendere questo momento pieno, magico e irripetibile con il tappeto di tastiere, gli interventi di batteria e tutto il resto!

E quando si giunge sul finale:
"Now as the river dissolves in sea
so Neptune has claimed another soul"
l'emozione è tangibile perchè la voce di Gabriel è piena, forte e imperiosa ed è quasi con una punta di rammarico che accettiamo il termine del brano:
"Le sabbie del tempo furono erose
dal fiume dal cambiamento costante" 
e il piano di Banks che ci conduce fuori da questa magia.

Se non è Standard Prog questo...

Track 07: Starless - King Crimson







Ho dedicato a questo brano un post intero!

Eccovi il link:
http://proglessons.blogspot.com/2010/12/starless-la-disperata-constatazione-del.html




Track 08: Echoes - Pink Floyd






Anche questo brano è stato citato nel post sul gruppo.
A completamento posso soltanto riportare che l'emozione che ho provato quando l'ho suonato con un gruppo di giovani musicisti è stata davvero fortissima!
Primo, perchè io ero "il grande vecchio", colui che era depositario del "verbo", e poi perchè la suonavano davvero bene e mi sentii un pò Nick anch'io...
Peccato non avere neanche l'1% del suo conto in banca!




Track 09: Heart of the Sunrise - Yes







Anche di questo brano abbiamo già parlato e vi rimando al post sugli Yes.







Track 10: On Reflection - Gentle Giant





In questo brano sono fondamentali due momenti: la prima parte, tutta cantata "a cappella", con le voci che si inseguono fra loro in maniera perfetta (non solo in studio, anche Live!), ognuna con tonalità via via decrescente e NESSUNA in "ostinato"!
Per intenderci, è relativamente più semplice eseguire un "ostinato" (cioè una frase che si ripete sempre uguale),  concentrandosi essenzialmente sulla propria parte, piuttosto che una sorta di "fuga" dove noterete che è indispensabile seguire perfettamente le parti degli altri per non uscire fuori tempo!
E' una prova della grande dimestichezza che i GG avevano con questo tipo di soluzioni, già mostrata in altri brani (Knots su tutti).
Ma la cosa ancor più eccezionale, che differenzia questo brano dagli altri, è che, dopo l'intermezzo "nostalgico", dove viene ripetuta la medesima frase per ben 10 volte (quasi come fosse una lamentazione funebre ):
I'll remember the good things how can you forget all the years That we shared in our way: Things were changing my life, taking your place in my life and Our time drifting away

Entrano finalmente gli strumenti, uno ad uno, eseguendo le stesse parti prima eseguite "a cappella", pertanto intrecciandosi e rincorrendosi fra loro fino al poderoso attacco di batteria che ci porta al termine del brano.
Dove lo trovate un brano così coinvolgente per ritmica, tecnica e stile?


Eccoci giunti al termine di questo enorme post.

Comprenderete che alcune mie considerazioni prendono spunto dalla grande emozione che provo ascoltando questi brani, altre dal fatto che sono un musicista amatoriale, pertanto ne intravedo anche gli aspetti più "strumentali".
Il sogno della mia vita (da musicista amatoriale) era quello di mettere su una band che avesse, come me, voglia di "montare" questi dieci brani (più qualche altro, ovviamente).
Indipendentemente dalla complessità tecnica di alcuni di loro, che probabilmente in taluni casi ci avrebbe obbligato alla resa incondizionata, ho già tentato di trasmettervi quanto sia emozionante poterli suonare e sentire che "girano bene".
Da giovane non comprendevo l'irrealizzabilità di questo sogno, oggi si: se allora era difficile trovare altri quattro "pazzi" come me, che volessero cimentarsi con siffatte opere d'arte, oggi è virtualmente impossibile, vista l'età che avanza!

Noterete che mancano all'appello grandi gruppi RPI come Banco (Dopo... Niente più è lo Stesso), PFM (Impressioni di Settembre) e Le Orme (Sospesi nell'Incredibile).
Così come mancano gli Emerson Lake & Palmer (Tank o Take a Pebble), i Van Der Graaf, davvero troppo outsider, e qualcun altro.
Tutti questi meriterebbero a pieno titolo di presenziare... e in realtà ci sono, ma non fra i miei primi 10!


Infine avrete notato che non c'è niente di attuale...
Non si rammarichino i più giovani!
In realtà forse avrei potuto inserire in scaletta qualcosa dei Porcupine Tree, magari Even Less...


Per poter diventare uno standard  un brano deve avere la giusta dose di innovazione, pregevolezza stilistica, fascino e feeling... e se è possibile trovare nel prog moderno le ultime tre caratteristiche, la prima immagino che rimarrà, almeno per il momento, un pò latitante!

Qualsiasi commento è ben accolto, anche se aveste voglia di lapidarmi!

venerdì 3 giugno 2011

Gli YES


















Gli Yes sono l'ultimo dei cinque reference group del progressive rock.
Insieme con King Crimson, Genesis, Pink Floyd e Gentle Giant costituiscono la base della piramide pentagonale su cui si poggiano tutti gli altri gruppi passati e presenti.
Il loro sound, caratterizzato dalla voce celestiale di Jon Anderson, imponenti interventi di tastiere (di Wakeman o Moraz), linee di basso (Chris Squire) fluide ma estremamente cadenziate, la chitarra di Howe (dotato di buona tecnica - autodidatta - e inventiva) e un drumming efficace e sempre molto caratteristico (che ci fosse Bruford o White dietro i tamburi), è forse addirittura più emulato di quello dei Genesis e dei Pink Floyd.

Nel lontano 1973 al Largo Celebrano a Napoli c'era la fantastica discoteca di Gianni Cesarini. Lì si andava per ascoltare musica e, qualora ti fosse gradita, potevi acquistarla. Il seminterrato era pieno di scaffali di LP e c'erano le salette di ascolto in legno e materiale fonoassorbente, dotate di cuffie di ottima qualità, dove ci si poteva accomodare per concentrarsi sull'ascolto.
Inutile dire che era la mia meta preferita e spesso vi trascorrevo qualche ora da solo o con i miei amici.
Un giorno ero in cerca di qualcosa di nuovo (mi accadeva sovente... la mia sete di musica era virtualmente inesauribile) e cercando fra gli scaffali rimasi affascinato da un album con una cover 'verde natura' ed all'interno un fantastico disegno...questo!




Chiesi all'addetto di farmene ascoltare un pò...






L'ambientazione iniziale, con tutto quel fruscio e quel rumore di acqua che scorre in sottofondo, quell'attacco improviso della lunga intro e le ritmiche articolate e pulsanti mi estasiarono a tal punto che mi immersi completamente e non riuscii a togliere la cuffia fino a quando il brano (e quindi la facciata A del LP) non fu terminato!

Se i King Crimson sono stati gli antesignani del progressive, certamente gli Yes sono stati tra i primi a plasmarne le caratteristiche che sono note a tutti noi: brani lunghi, tempi dispari, ampi spazio a barocchismi, cori polifonici, assoli di grande efficacia ed ottima fattura e vocalism accorato.
E nel primo loro brano che ascoltai c'era tutto questo, compreso il suono stupendo e maestoso dell'organo di una cattedrale inglese!
Non m'interessava ascoltare l'altra facciata... lo acquistai subito.

Quando eravamo ragazzi non avevamo la possibilità economica di acquistare tutta la musica che avremmo voluto (in realtà neanche ora, purtroppo!), pertanto io e due miei amici, Paolo e Alberto, ci dividevamo 'i compiti' per poi passarci le audiocassette con le copie dei dischi: io acquistavo Genesis e King Crimson, Paolo Pink Floyd e Gentle Giant e fu con una punta di incertezza che passai ad Alberto gli Yes.

Oggi le mie idee in proposito sono diverse: per quanto abbia un'ottima stima degli Yes, considero la loro discografia essenziale piuttosto ristretta in quanto, a mio modo di vedere sono, nonostante i molteplici cambiamenti di organico (o forse proprio per questo), un pò troppo ripetitivi e autocelebrativi.  In ogni caso un pò più delle altre bands!

Certamente Close to the Edge è considerato dai più (e anche da me) il loro lavoro migliore e c'è da crederci se il brano che segue alla suite di apertura è così coinvolgente...





Notate l'eccezionale pulizia della grancassa di Bruford, sempre più incline a sottrarre colpi piuttosto che moltiplicarli, ma non per questo meno presente e incisivo! E quella chitarra acustica che accompagna la splendida voce di Anderson fino all'attacco sublime e imperioso al minuto 3.30!
Che spazi immensi si aprono davanti a noi con i tappeti di tastiere di Wakeman!
Sembra di essere nel disegno di Roger Dean che vi ho mostrato in apertura...

La musica degli Yes mi ha sempre dato questa sensazione di spazi immensi, natura incontaminata, luoghi inesplorati.. sarà perchè ho subito l'inprinting con Close to the Edge, ma se provate ad ascoltare Relayer o Tales from Topographic Oceans la sensazione si rinnova!

In realtà la buona vena della band si era già manifestata nel precedente Fragile, dove per la prima volta compariva il regale (per via del vistosissimo mantello che indossava in scena... in realtà è una persona molto disponibile e gioviale) Rick Wakeman alle tastiere.
Rick aggiunse al sound della band quel tocco di classicismo, allora tanto presente nella musica rock (Si pensi agli Ekseption e a Emerson, Lake and Palmer), portandoselo dietro come bagaglio dalla precedente esperienza negli Strawbs.

Il brano che vi propongo di seguito, però, non ha niente di classicheggiante. E' un coacervo di emozioni: dall'intro nervosa e tecnicamente ineccepibile, ai diversi successivi momenti fino  al canto accorato di Anderson nel finale.




Fate attenzione, dopo l'intro, al crescendo sottolineato dall'incredibile drumming di Bill Bruford che si inerpica sulla linea di basso di Squire, con le tastiere grevi in sottofondo, che man mano crescono fino a quel rombo che crea un vuoto nello stomaco!
Poi c'è l'arpeggio dolce di Howe che accompagna il canto quasi sottovoce di Anderson.
Tutto il brano è un continuo cambio di ritmiche su una linea melodica invece continua e tendenzialmente uniforme.
Ma la parte più intensa è sicuramente il finale, quando il cantato sale di tonalità e la musica di intensità...
Sharp Distance! How can the wind with so many around me! I Feel lost in the City, yeah!
Il brano è molto bello, ben costruito nella struttura, mai troppo pomposo nè troppo accademico. E' un esempio mirabile di come si possa fare musica coniugando tecnica e feeling. E' uno di quelli che considero standard prog.






Non vi ho preparato apposta all'ascolto di questo splendido brano, perchè volevo che vi colpisse con la sua intensità emotiva, così come colpì me la prima volta che lo ascoltai.
Ascoltate la dolce nostalgia che permea tutto il brano, il canto accorato, quasi stremato dalla  sofferenza ("Ci tocchiamo come foglie"-che incredibile locuzione per rappresentare la tenerezza del contatto fra due amanti) e quella chitarra che pennella note su note, quel pianoforte così struggente e quel crescendo così violento nel suo splendore!
Quando, al minuto 5,18 il brano si apre, immenso, vi prego di percepire una pregevolezza... il basso e la batteria, in sincrono, battono solo due colpi per ogni battuta, come se fosse la pulsazione di un cuore! Io l'ho sempre 'sentito' in questo modo, e mi stringe un nodo in gola.

Volete sapere questo brano di cosa parla? Narra di un uomo che perde la sua donna per un male incurabile e ricorda quando condividevano i loro momenti di intimità, tenendosi per mano e danzando insieme. E desidera follemente che lei possa ancora vederlo plasmare la creta e toccarlo ancora "come una foglia".
Per una volta Anderson ha abbandonato il metafisico per scendere a livello terreno e l'ha fatto con una tale intensità da strappare la lacrima!

Indipendentemente dalle mie personalissime considerazioni, gli Yes hanno offerto moltissimi spunti alle bands che sono sorte negli ultimi anni. Molte, come gli Spock's Beard, sono cresciute con la loro musica e quella degli altri grandi del progressive e le loro influenze sono estremamente evidenti nei loro lavori, che talvolta presentano echi 'genesisiani' e talaltra 'yessiani'.
In virtù della natura un pò "pomposa" della musica degli Yes è più facile trovare loro epigoni tra i gruppi americani, mentre quelli inglesi, generalmente più intimisti, si avvicinano maggiormente ai Pink Floyd  e i Genesis.

Come al solito spero di avervi dato qualche spunto di riflessione, essere riuscito ad interessarvi e soprattutto avervi fatto ascoltare un pò di buona musica!

Alla prossima!