domenica 9 novembre 2014

TPA - Conclusione? Non credo!


Riprendendo le teorie di Meyer, sostiene Philip Ball nel suo trattato L'Istinto Musicale, libro che io considero una sorta di Bibbia, che l'ascoltatore musicalmente raffinato è colui che è spinto alla ricerca di nuove sonorità e differenti modi di fare musica, quasi come se fosse un'esigenza non dello spirito, ma della carne. 
Gli altri, che chiama 'ascoltatori sprovveduti', sono coloro che ambiscono ad ascoltare sempre le stesse cose, magari in sottofondo alla radio, ed altro non sono che meri utilizzatori distratti della sublime arte. 

Non sono del tutto daccordo con lui, ma prendendo spunto da questa considerazione e trascurando coloro che ascoltano soltanto ciò che viene loro proposto dalle radio, sono solito dividere gli appassionati di musica in tre grandi categorie: pigri, entusiasti e dinamici.

PIGRO è colui che si àncora indissolubilmente ad un genere musicale e, per estremo, ad un ristretto numero di artisti (Mi è sembrato di sentire un GenesisPinkFloydKingCrimsonYesGentleGiant in sottofondo, o simili, per altri generi musicali) e non vi si distacca per alcun motivo: perchè è molto più comodo e meno impegnativo ascoltare qualcosa di familiare ed assimilato, piuttosto che avventurarsi in ambiti differenti.

Quando il PIGRO viene a contatto con qualcosa di nuovo, di solito lo pone a confronto con i suoi miti che, avendo ormai metabolizzato nel tempo, diventano un termine di paragone troppo elevato e quindi impossibili da raggiungere. Divengono cavillosi nel rintracciare derivazioni e similitudini con i grandi del passato ("questa somiglia a...", "questo ritmo l'hanno preso da...", "eh, ma qua imitano smaccatamente a...", e così via), un seppur minimo difetto che possa mettere questi "poveracci" alla berlina. A questo punto il nuovo diventa trascurabile, possono tornare tranquillamente nelle confortevoli braccia delle loro certezze consuetudinarie e il cerchio si chiude.

ENTUSIASTA è l'esatto opposto. Nella spasmodica ricerca di qualcosa da ascoltare è propenso a giudicare positivamente qualsiasi cosa che abbia una pallida verosimiglianza con gli stilemi che gli sono propri (che spesso spaziano notevolmente fra i generi, fortunatamente).
Così non importa se la composizione è macchinosa, inutilmente complessa (lo stesso Ball asserisce che "più complesso non significa migliore"), scarsamente melodiosa o magari per niente ispirata. L'importante è che suoni come altri milioni di esempi identici e che lui possa goderne a piene orecchie, perchè andrà a far parte della sua immensa collezione di inutili cloni, ascoltati una volta e mai più.

Per questo tipo di ascoltatore è importante dimostrare a se stesso ed agli altri di conoscere il maggior numero di nomi possibili, indipendentemente dal loro valore artistico, perchè questo lo fa sentire più sicuro.
Lo so perchè ci sono passato... quando mi dicevano: "Conosci x?" e non era fra i nomi che affollavano la mia memoria musicale andavo in panico da prestazione!


Personalmente oggi mi considero un DINAMICO
Ascolto molta musica di svariati generi e pur riconoscendo che non c'è moltissimo di nuovo in giro, tento di liberare la mente dai comportamenti pigro e entusiasta, che pure hanno albergato nella mia evoluzione musicale, e provo a comprendere se ciò che sto ascoltando giunge dritto al mio cuore e mi emoziona o mi lascia più o meno indifferente. Nel primo caso merita ulteriore attenzione e spesso mi riempie di gioia, nel secondo, in genere, provo ad analizzare perchè non mi ha convinto, specie se altri lo hanno gradito (talvolta però sono gli entusiasti, pertanto non sono affidabili).
Talvolta mi ritrovo a pensare che se non mi fossi spogliato della veste spocchiosa del pigro non avrei conosciuto e approfondito tanti musicisti che sono venuti fuori a partire dagli anni '90 e avrei perso tantissime good vibrations.
E sono contento di non essere caduto nella trappola dell'entusiasta, cosicché  la mia collezione musicale è piuttosto contenuta, ma ricca di tanta buona musica che ancora oggi mi emoziona all'ascolto.

Non mi considero un "amante della musica" come lo intende Ball, perchè la mia curiosità si ferma ad alcuni generi musicali (d'elite, è vero, ma è così) e poco spazio trovano sia la Classica che le musiche orientali tipo Gamelan indonesiano o quella proveniente dall'Africa subsahariana (o Nera che dir si voglia), avendo goduto parzialmente di quest'ultima solo quando Yossou N'Dour ne ha dato un taglio più occidentale con il suo album The Guide (Wommat) o quando il grande Stewart Copeland l'ha proposta miscelata al suo sound nel mirabile The Rhythmatist.
Sono tuttavia convinto, dopo 55 anni di ascolto continuo, che in qualche garage o sottoscala di chissà quale paese del mondo, ci sia un gruppo di ragazzi genialoidi che sta creando la musica di domani, che probabilmente romperà nuovamente gli schemi e si ergerà ad esempio per tutti coloro che verranno dopo.Quando saranno pronti, se sarò ancora in vita, visto che la Musica è la mia vita, sarò qui ad attenderli!

Oops... Mi sono appena accorto di non avervi proposto alcun ascolto in questo post. Rimendio subito!




Stewart Copeland non è più un "ragazzo", ma sul "genialoide" mi soffermerei parecchio!
E' un altro dei musicisti, che ho incontrato musicalmente nella mia vita, per i quali nutro una stima smisurata!


E quest'altro, sempre ultracinquantenne (è del 1961)...




Mentre Copeland (inglese di adozione e americano di nascita) fa parte del "circuito prog", Eivind Aarset (norvegese) gravita nel jazz, essendo discepolo e collaboratore di Nils Petter Molvaer.

In entrambi i casi è possibile ascoltare qualcosa seppur non completamente nuovo, almeno diverso, ricchi come sono di innumerevoli contaminazioni: il primo attinge dalle musiche africane e orientali e le miscela in qualche modo (notevole, direi!) con la musica occidentale, il secondo da tutto quello che gli capita a tiro, introducendo persino le tecniche di tricks e scatch più familiari ai dj che non ai musicisti veri e propri, creando atmosfere particolarissime.

E voi? In tutto questo tempo sono riuscito a stimolarvi ad individuare i vostri TPA albums ? Spero di si!

I Link alle parti precedenti:

Sesta Parte: http://proglessons.blogspot.it/2014/11/turning-point-albums-sesta-parte.html

Alla prossima... chissà cosa mi verrà in mente!

venerdì 7 novembre 2014

Turning Point Albums - Sesta Parte

I link delle "puntate precedenti"!







Molti sono soliti dire "Con gli anni del liceo andò via anche la spensieratezza".
Nel mio caso trascorsero solo gli anni del liceo... purtroppo con eccessiva velocità, questo si.
Con loro non andò via la mia spensieratezza (ancora non è andata via oggi, per certi versi!), ma si spense lentamente il progressive rock con il sopraggiungere della New Wave e del Punk.
Non posso dire che fui colto impreparato. Peter Gabriel nel suo secondo lavoro (quello che oggi chiamano II o Scratch (per via della cover con il nostro amico che graffia l'immagine) si spostò decisamente verso sonorità New Wave per poi cambiare definitivamente nel III o Melt (sempre per via della cover in cui l'immagine appare parzialmente fusa) creando quel suo sound caratteristico che non abbandonò mai più.

Nel breve periodo che trascorse dal chiudere il capitolo delle scuole superiori ed aprire quello del matrimonio ascoltai ed acquistai poco, giusto per completare le discografie che avevo a cuore (oggi non la penso più così: se un lavoro non mi piace non lo acquisto, punto e basta) e un pò di musica strumentale, spesso retrodatata.

Mi sposai molto giovane, a 21 anni.
Quando lo si fa dopo essere cresciuto in una famiglia come la mia, non è per un colpo di testa, ma per amore.
E per amore di lì a poco nacque la mia prima figlia, Simona.

Posso asserire con assoluta certezza che abbiamo conosciuto i Marillion insieme, come è raccontato brevemente nel post a loro dedicato:


Noterete che il post è un pò grezzo... era uno dei primi che scrivevo e non avevo ancora chiare le potenzialità di diffusione della musica del blog

Anche in questo caso farò un'eccezione alla regola e posterò due brani da due diversi LP, perchè ho conosciuto la band acquistando i primi due album insieme.





Ora potrete dire tutto ciò che volete: che erano derivativi, che scimmiottavano i Genesis, che avevano un pessimo batterista (peraltro cosa assolutamente vera!), che il chitarrista era Gilmour dipendente... ma ascoltateli bene, perchè i Marillion forse sono davvero tutte queste cose (o meglio... lo erano!), ma avevano passione, calore e inventiva.
Notate con quanta passione Fish  si inerpica sulle lyrics passando attraverso diversi mood fino a uno quasi militaresco e poi uno appassionato, che si apre con quello splendido intervento di chitarra di Rothery che, è vero, negli assoli prende molto dal chitarrista dei Pink Floyd (forse per questo moltissimi suoi interventi mi colpiscono nel profondo), ma è caldo e appassionato, inoltre le sue sezioni ritmiche e le sue sonorità sono di tutt'altra provenienza, più heavy rock, e questo contribuisce a renderlo più interessante di tanti altri emuli che si ostinano a ripetere all'infinito, senza personalità, il loro maestro.
Il brano sopra riportato chiude il loro album di esordio Script for a Jester's Tear e ne è, a mio modo di sentire, la perla più pura!

Il brano successivo è preso da Fugazi, il secondo lavoro della band.





Ascoltate questo brano e prestate attenzione alla sezione ritmica.
La sola sostituzione del batterista con uno (allora) più dinamico e tecnicamente più ferrato la fa levitare a livelli decisamente superiori!
Lyrics sanguigne e accorate, assolo di Rothery che con i suoi bending tiratissimi, le sue terzine e il suo tappeto di note sulla reprise di Fish strappa una fortissima emozione... bello , non è vero?

I Marillion mi hanno permesso di scoprire che c'era ancora musica capace di emozionarmi, dopo tanto piattume, e mi hanno accompagnato per tutti gli anni della mia maturazione e della mia vita matrimoniale, fino alla separazione. Sia che al canto ci fosse Fish o Hogarth, a loro devo moltissimo, in termini emotivi e sentimentali, come ho descritto nel post a loro dedicato.
Sebbene oggi non me la senta più di dire di essere a loro legato indissolubilmente, come pensavo un tempo (spesso lo pensiamo anche per i rapporti sentimentali e interpersonali e guardate talvolta come vanno a finire!), rimangono un importante svolta della mia crescita musicale, sebbene non mi abbiano aperto un nuovo mondo, ma il cuore... e l'hanno fatto grondare di emozioni, quello si!


Ora ascoltate questo brano in silenzio...




La lunga intro introspettiva ed intimista e quell'entrata di Pat da brivido come potrebbero mai lasciare indifferente uno come me?
Tutto il brano è splendido, sia che alla solista ci sia il bravissimo tastierista  Lyle Mays che lo stratosferico chitarrista (ora sessantenne) Pat Metheny, uno dei musicisti che stimo maggiormente da quando l'ho conosciuto, pur non condividendone tutte le sue scelte artistiche.
Perchè lo stimo? Perchè è un tutt'uno con il suo strumento e si mostra sempre appassionatissimo di suonarlo, come fosse la prima volta.
Ho visto vari Live di Pat e bisogna tirarlo via dal palco, altrimenti non smetterebbe mai di suonare!
E' un grandissimo professionista proprio perchè adora quello che fa.

Credo che il Pat Metheny Group sia l'unica band che abbia conosciuto da un album Live, cosa piuttosto inusuale per me!
Ancora una volta devo la sua conoscenza alle mie passeggiate vomeresi!





Questo secondo brano è maggiormente ispirato ad alcune sonorità dei Weather Report, specie per le linee di basso iniziali, ma le parti armoniche e melodiche sono tipiche di questo grande musicista, che miscela sonorità jazz e sudamericane, per tirare fuori quello che al tempo dissero fosse di orientamento New Age o soft jazz.
Poco incline a dare etichette troppo restrittive, per me PMG rappresentò un nuovo modo di interpretare gli stilemi del jazz.
L'apertura verso questo nuovo terreno fino ad allora  poco esplorato, mi aprì a nuove conoscenze musicali, seppure jazz oriented, meno complesse del recente passato, come i fantastici Yellow Jackets, inizialmente addirittura molto funky ma divenuti più interessanti a partire dal loro album Four Corners, e gli ispirati e morbidi Shadowfax con The Dreams of Children, passando per il virtuoso e passionale Bireli Lagrene con il suo Foreign Affairs (e altri titoli), più un'altra serie di minori, che risultavano piacevoli, ma non eccessivamente degni di nota.
E' stata la mia svolta musicale più morbida ed estetica, meno sanguigna e passionale, forse perchè giunta in età più matura, ma non per questo meno importante: da qui ho imparato ad ascoltare, con grande interesse e godimento, qualcosa di jazz puro, da Miles Davis a Buddy Rich, Wes Montgomery, Jack DeJohnette, John Scofield (che rispose alla 'So What' di Davis con la sua 'Tell You What' nell'album Loud Jazz) e tanti altri. Mi sono persino concesso il lusso di suonare un pò di jazz standards in alcune band (una di sei elementi napoletana e una di cinque elementi milanese), magari un pò scolasticamente, ma con grande divertimento!
E' stato grazie a questa apertura musicale che oggi sono ben lieto di essere un fervente ammiratore della geniale Hiromi Uehara, la piccola e graziosa, geniale e virtuosa pianista giapponese che miscela innumerevoli contaminazioni, dal jazz al progressive, nella spumeggiante musica che compone.

Ecco... i miei TPA sono terminati.
Questo non vuol dire che da allora io non abbia ascoltato musica interessante!
Avrete visto che nel blog ho citato e parlato di alcune band più recenti che hanno eccitato i miei sensi e mi hanno appassionato con la loro musica.
A parte la già citata Hiromi e i recentissimi e sorprendenti The Aristocrats (peraltro ispiratori della mia band di prog fusion E.G.P. ProJecT), partendo dagli inglesi Porcupine Tree, gli americani Spock's Beard e Echolyn, gli svedesi Flower Kings (poi divenutimi un pò ostici), che mi hanno dato la grande gioia di scoprire che il prog non era morto, ma solo divenuto di nicchia, e i più recenti polacchi Riverside, con le loro atmosfere cupe e dense di pathos, passando per i potenti francesi Lazuli e Nemo, si giunge agli italiani Il Tempio Delle Clessidre, Yugen e Not A Good Sign, che a mio modo di sentire spiccano su tanti altri connazionali per personalità ed originalità.
Qualcuno potrà asserire che sono tutti derivativi, è vero (mi domando allo stato attuale chi non lo sia!) e, almeno per me, non TPA, perchè non hanno cambiato il mio modo di ascoltare la musica, ma sono tutti ottimi musicisti, dotati di inventiva, buon gusto musicale e mettono talmente tanta passione in ciò che suonano, che riescono a tramsettere, con la loro musica, immense good vibrations!

Per ora vi saluto, ma attendetevi un post conclusivo sull'argomento!

sabato 1 novembre 2014

Turning Point Albums - Quinta Parte

I link delle "puntate precedenti"!




Quarta Parte:  http://proglessons.blogspot.it/2014/10/turning-point-albums-quarta-parte.html


Questo post è dedicato a Wiggy, la mia adorata batteria, e a tutti coloro che, nel corso degli anni, hanno suonato con me, volenti o nolenti!

In questo frangente farò uno strappo alla regola che mi sono imposto per questi post e vi proporrò album completi.


Il mondo della musica strumentale mi aveva ormai aperto le sue porte.
Gli approfondimenti successivi furono peraltro degnissimi di nota, perchè conobbi la geniale ma talvolta un pò greve Mahavishnu Orchestra, capeggiata dal suo eccentrico "dittatore" John Mc Laughlin, e i Return to Forever di Chick Corea, più orientati ad un jazzrock di tipo tradizionale.
Entrambi le band erano composte da ottimi musicisti che successivamente avrebbero conosciuto fama e successo: Jan Hammer, Jerry Goodman, Jean Luc Ponty da una parte e Stanley Clarke, Al Di Meola e Flora Purim dall'altra.

Tra questi c'era un batterista nero, talvolta poco elegante, mancino e tarchiato che, forse stanco di seguire i dettami ora di Mc Laughlin ora di Deodato decise di fare un album tutto da solo.


Spectrum di Billy Cobham rappresenta, per l'universo musicale, una pietra miliare del jazzrock.

Per me è molto di più.

Ascoltai per la prima volta questo LP su un  giradischi compatto (allora chiamavamo così gli impianti stereo di qualità discutibile dove piatto, amplificatore e talvolta MC recorder erano tutti nello stesso mobile) della Europhon, o altra marca similare, a casa di un amico di amici (non ne ricordo neanche il nome... mi trovavo lì e basta)



Se vi va, ascoltate questa pietra miliare per intero.
Non è facile trovare un tale connubio di tecnica, gusto e dinamica in un batterista, specie al giorno d'oggi, dove si tende ad esasperare l'aspetto tecnico e dimenticare il gusto e il feeling.





Se devo essere sincero il primo brano, così incalzante, sulle prime non mi attrasse per niente, tanto che non lo registrai sulla mia MC (non era facile skippare sulle MC a quel tempo!), successivamente l'ho rivalutato.
Ascoltate i pattern di batteria come sono ricchi, i fills ricercatissimi,  talvolta eseguiti in terzine a colpi rimbalzati.
Menzione d'onore ai miei due brani preferiti: 'Stratus' e 'Red Baron'.

Nel primo, l'intro è micidiale, con quell'ostinato di tastiere su cui Cobham elabora degli interventi di buona complessità ed estremo fascino, ma quello che salta all'orecchio è il groove trascinante e i fills incredibili di Billy, lunghi, scroscianti, ma mai ridondanti!
Il tutto condito dallo splendido lavoro di Hammer alle tastiere e il povero Bolin alla chitarra.
E il finale, dove sul riff strumentale, Cobham elabora fills in colpi doppi e tripli e break di efficacia spaventosa? Lo vogliamo trascurare?

Il secondo, secondo me, sarebbe da studiare al conservatorio, tanto è denso di argomenti (e infatti di tanto in tanto lo suono anch'io per arricchirmi).
Ascoltate la dinamica sul pattern iniziale com'è lieve, per poi salire successivamente.
Prestate attenzione ai fills costruiti fra rullante e cassa che uniscono tecnica sopraffina e gusto musicale.
Senza mai strafare il brano sale d'intensità e il drumming con esso, divenendo più incisivo e cadenzato nella parte centrale, dove ci sono i solo dei vari strumenti.
Infine, dopo il break, la dinamica torna più pacata e ci porta al termine del brano. Fantastico non è vero? Che equilibrio!

Era il periodo in cui apprendevamo da CIAO 2001 o altre riviste musicali di minor tiratura, cosa accadeva ai nostri beniamini.
Quando seppi che Phil Collins aveva suonato in una band di jazzrock non mi diedi pace fino a quando non fui in grado di trovare l'album di cui avevo letto mirabilie!

Dei Brand X vi ho già parlato diffusamente in un altro post:

http://proglessons.blogspot.it/2011/01/i-brand-x.html





Di quest'album ho già detto praticamente tutto: lo cercai a lungo, lo trovai per miracolo e ne rimasi folgorato al primo ascolto.
Il genio eclettico, spesso goliardico, ma sempre intenso ed ispirato dei musicisti che vi prendono parte è indiscutibile.
Tutto nacque dalle menti eccelse di Robin Lumley e (soprattutto) Percy Jones, che con il suo modo di suonare ricco di ghost notes, ma non per questo meno ritmico, fece e ancora fa scuola.
Phil Collins, che già ammiravo moltissimo per il suo lavoro nei Genesis mi soprese ancora di più con quel drumming fluido, innovativo e sorprendente.
I Brand X  sono rimasti per me un punto di riferimento importantissimo della musica che ascolto. A mio modo di sentire nessuno mai come loro è riuscito a combinare tecnica, feeling, sarcasmo e genialità!


Phil Collins e Billy Cobham sono stati i due batteristi che mi hanno influenzato maggiormente nel primo approccio alla batteria.

In questi due stratosferici esempi di drumming ricco, tecnico, creativo, con variazioni di dinamica di incredibile efficacia, si rende manifesto che non è assolutamente vero che la batteria va sempre picchiata con forza, come sostengono (e suonano) alcuni sedicenti "maestri" moderni.
Talvolta la batteria va accarezzata, talvolta percossa con forza, ma sempre con amore e mai con violenza.

Attraverso l'ascolto di questi due album, tanto differenti fra loro, ho raggiunto a quel tempo la consapevolezza che volevo essere un batterista decente, anche se solo amatoriale, e se volevo ambire a raggiungere almeno un decimo delle capacità di Collins (tecnicamente meno dotato dell'altro, ma ricco di inventiva) e Cobham (tecnica incredibile, ma anche tanto feeling) lo studio della batteria doveva essere condotto con maggior rigore e continuità.
Certo, successivamente dovetti interrompere per molti anni, ma da quando ho acquistato Wiggy nel 2005 ed ho ripreso, non ho mai smesso di studiare, ho integrato il doppio pedale, ho tentato di migliorare il mio bagaglio tecnico, il controllo e la velocità. E mi sembra di notare di aver raggiunto qualche modesto risultato!
Continuerò ancora finchè le forze mi sosterranno!

Spero di non annoiarvi mai con i miei post, così misti di ricordi, tutto sommato molto personali, considerazioni e tanta, tanta musica!

Alla prossima!