domenica 31 ottobre 2010

Nursery Cryme - 1

Nursery Cryme(1971)
Track List (total time 39.45):
1.The Musical box
2. For Absent Friends
3. The Return of the Giant Hogweed
4. Seven Stones
5. Harold the Barrel
6. Harlequin
7. The Fountain of Salmacis



Inutile citare l'amore dei Genesis per i giochi di parole: Le "nursery rhymes" sono le filastrocche per bambini.

Una leggenda legata a questo album narra che Steve Hackett e Phil Collins furono accettati nel gruppo (in sostituzione rispettivamente di Anthony Phillips e John Mayhew ) perché seppero portare immediatamente idee nuove che permisero di produrre un siffatto capolavoro. Quasi una sorta di "test d’ingresso” del tipo “vediamo cosa siete capaci di fare”… ed ecco il risultato!
Io non so se ciò sia vero, ma preferisco pensare che lo sia, perché il precedente album “Trespass”, sebbene fosse di buon livello, non riesce neanche a scalfire la creatività, l’innovazione e l’intensità di questo album. Forse il buon Phillips nulla poteva contro la tecnica mostruosa e la vena classico-barocca di Hackett e, allo stesso tempo, l’onesto Mayhew nulla poteva contro l’incredibile inventiva, la tecnica ed il drumming estremamente vario ed innovativo di Collins. O forse era destino che la crescita musicale del gruppo dovesse passare attraverso questi due nuovi musicisti.
Resta di fatto che “Nursery Cryme” è un gioiello dall’inizio alla fine, perfino in quelle songs apparentemente più leggere come For Absent Friends e Harlequin.
I testi, come anche per i precedenti lavori, sono estremamente fantasiosi e traggono ispirazione dalla mitologia greca, dai racconti fantastici in tipico stile inglese e da semplici squarci di vita quotidiana.
Per chi volesse darci una sbirciatina ecco un link che li riporta in lingua originale con la traduzione a fronte:

http://spazioinwind.libero.it/macman/musica/sim/nurserycryme.html



The Musical Box
Il brano narra, con tipico humor nero inglese, di una bimba che “con la mazza da crocquet rimuove con dolcezza la testa dal collo” del suo amico Henry, il quale ritorna, attraverso le note del suo carillon (The Musical Box, appunto), per incontrarla ancora. 
Ma il suo fantasma, pur rimanendo bambino all’interno, cresce fisicamente di età e presto l’amicizia infantile si trasforma in desiderio fisico. La piccola Cynthia se la caverà per l’intervento del tutto involontario della sua bambinaia, che sentendo baccano nella stanza, entra e atterrita da ciò che vede scaglia istintivamente il carillon contro lo spirito di Henry, distruggendo entrambi.








L’intro musicale di chitarra è pervasa di nostalgica mestizia e mi ha sempre ispirato una sorta di triste rassegnazione. Mi sembra di avvertire la tristezza di Cynthia che, per colpa della sua sbadataggine, ha perso il suo migliore amico e vorrebbe poterlo rivedere ancora per chiedergli scusa e dirgli che gli vuole sinceramente bene. Quasi per distrarsi dai suoi pensieri, apre il suo carillon che le suona la filastrocca (nursery rhyme, appunto) “Old King Cole”…
A questo punto compare l’ectoplasma di Henry che le dice di non credere alle parole della nurse, che le ha raccontato di un regno divino oltre le nuvole (“and the nurse will tell you lies of a kingdom beyond the skies”), perché lui in realtà è intrappolato in una sorta di “zona fantasma” (“half-world”) dalla quale non può uscire proprio a causa del loro fortissimo desiderio di rimanere uniti.
Qui la musica cambia di intensità, e bastano i primi secondi per capire che dietro i tamburi c’è qualcuno di estremamente valido: l’uso dei piatti e dell’Hi-Hat è assolutamente fuori dall’ordinario, quei colpi incisivi che accompagnano la chitarra, in contrappunto alle tastiere, contribuiscono a far crescere il pathos fino a quello che ho sempre definito “l’urlo di Cynthia” (infatti immagino che la bimba, vedendo invecchiare velocemente il suo amichetto ne rimanga fortemente impressionata… voi non lo sareste?), che apre l’assolo di chitarra, il primo di Hackett in studio con i Genesis, intenso ed emotivo, legato in modo divino dalle tastiere di Banks e scandito con precisione da Rutherford e Collins.
Dopo… è Gabriel a farla da padrone, cantando con trasporto e sofferenza, quasi fosse lui stesso intrappolato nel carillon, impossibilitato a raggiungere l'oggetto del suo desiderio. Il secondo assolo di Hackett è di grande impatto come il primo, le note ruvide e rabbiose esplodono su un splendido tappeto di piano di Banks di incontenibile energia. Qui sento il pathos di Henry e il terrore di Cynthia che si mescolano nella stanza.
Il finale, con Peter che intona “I’ve been waiting here for so long…” è a dir poco struggente. Henry si rende conto che il suo desiderio nei confronti di Cynthia è mutato e le implora di avvicinarsi, toccarlo, unirsi a lui (“Why don’t you touch me, touch me, touch me NOW”). Il tutto è accompagnato dal drumming estremamente creativo di Phil, che invece di limitarsi a rullare semplicemente sui piatti dell’Hi-Hat semi-chiusi (come avrebbe fatto un qualsiasi batterista di medio valore) effettua dei break micidiali con la grancassa ed il rullante, per terminare con una rullata che anticipa la voce di Peter che urla con voce rotta dal dolore “You stand there with your fixed expression…”. Il finale, che sembra tratto da un’opera classica tanto è maestoso e solenne, lascia senza fiato e ritengo che possa dare il meglio di sé soltanto se ascoltato ad occhi chiusi o al buio e, inutile dirlo, in assoluto silenzio!

I Genesis

I Genesis sono uno dei riferimenti principali del prog, insieme con Pink Floyd, King Crimson, Yes e Gentle Giant. Senza timore di essere smentito posso asserire che quasi tutte le bands prog successive, passate o attualmente in circolazione, prendono spunto dalla loro musica, dai primi Marillion ai Pendragon, 12th Night e IQ, passando per gli Spock’s Beard, giungendo ai Flower Kings e perfino ai Dream Theater e i Pain of Salvation!
Allo stesso modo ritengo che, nonostante abbiano subito, nel corso della loro carriera artistica, molteplici variazioni di formazione, con defezioni e rimpiazzi sempre estremamente significativi, gli unici VERI Genesis siano stati:
                                       Peter Gabriel – Voce, Flauto e Tamburello
                                       Phil Collins – Batteria, Percussioni e Voce
                                       Steve Hackett – Chitarra elettrica, acustica e classica
                                       Tony Banks – Piano e Tastiere elettroniche
                                       Michael Rutherford – Basso e Chitarra acustica



Le formazioni precedenti e successive non hanno niente in comune con questo raro esempio di sinergia musicale. Non a caso i singoli elementi, nelle loro produzioni solistiche, non hanno mai raggiunto il livello artistico della band nel suo complesso, dove le singole individualità musicali riuscivano a modellarsi l’un l’altra, dando vita ad un delicato equilibrio di enorme efficacia.
Non deve meravigliare, pertanto che la migliore produzione dei Genesis è raccolta in poche perle di inestimabile valore: "Nursery Cryme", "Foxtrot", "Selling England by The Pound" e "The Lamb Lies Down on Broadway". Nel resto della discografia ci sono altri ottimi lavori ("A Trick of the Tail" su tutti, ma anche "Wind and Wuthering" e perfino "Duke", a modo suo, dove ormai erano soltanto in tre) che però sono inevitabilmente parecchi gradini al di sotto dei quattro albums sopra citati.
Conobbi i Genesis con "Selling England by the Pound" (grazie a Paolo DG!), ma l’attrazione fatale fu tale che sentii immediatamente il bisogno di approfondirli e di avere tutta la loro discografia. "Foxtrot" è l’unico LP che ho acquistato usato in vita mia, ma lo feci perché colui che me lo vendette disse di non essere riuscito ad ascoltarlo tutto perché per i suoi gusti era “orribile”! Non sta a me giudicare i gusti musicali delle persone, ma sento il dovere di ringraziare quello sprovveduto per avermi quasi regalato questa pietra miliare della musica di tutti i tempi.  
Nel periodo che intercorse fra l’uscita di “Selling England…” e quella di “The Lamb Lies…” riuscii a procurarmi tutta la discografia del gruppo fino a quel momento, compreso “From Genesis to Revelation” nella sua versione originale della DECCA con la cover nera, le scritte in gotico aureo e le lyrics su foglio allegato. 
A coloro che non hanno la mia età ricordo che a quel tempo la musica o la si acquistava o la si riversava su musicassetta... 
Per il fascino che i Genesis esercitarono su di me, non riuscii a fare a meno di acquistare gli LP, visto anche l'ottimo lavoro svolto dall'illustratore Paul Whitehead.

Una breve (?) presentazione

Ciao a chi mi legge.


Tutto è nato tanti anni fa quando, circondato dagli amici delle mie due figlie, appassionate di musica come me, dispensavo sensazioni e giudizi sulla musica, richiamavo la loro attenzione ora su un assolo, ora su una parte del testo, oppure sulla ritmica. Vedere che loro pendevano dalle mie labbra, si cibavano di quello che divulgavo e venivano a cercarmi per saperne di più per me era estremamente gratificante.

Music was my first love, and it will be my last”- John Miles

Ho cominciato ad apprezzare la musica in tenerissima età. Il primo brano musicale di cui ho reminescenza è “Till… Fin Quando c’è il Calor” di Caterina Valente. 
Till fu stampata il 22/10/1959 (recentemente ho ritrovato la copia del 45 giri di mio padre), io sono nato il 17/05/1959. Più tenera di così!...

Successivamente, complici gli LP di papà, sono passato dalla musica leggera italiana a quella delle grandi orchestre (Ray Conniff, Bert Kaempfert, Burt Bacharach, ecc.), passando velocemente, tramite i miei fratelli maggiori, per i Beatles ed approdando finalmente, con l’aiuto degli amici del liceo, ai King Crimson, Genesis, Gentle Giant, Pink Floyd, Yes ed a tutto il Prog che sono riuscito ad ascoltare fino ad oggi, non disdegnando incursioni nella musica dei Weather Report, Mahavishnu Orchestra, Return to Forever, Brand X, Yellow Jackets, Pat Metheny Group, un po’ di New Age e qualche psichedelia qui e là.
Il primo album Prog che acquistai, senza neanche sapere cosa fosse il Prog, fu "Felona e Sorona" dei Le Orme. Per me fu letteralmente una folgorazione.
La nuova ondata di Prog (il cosiddetto Neo-Prog), che ebbe tra i suoi antesignani i Marillion, band di cui ancora oggi (nonostante le alterne vicende che ne hanno talvolta minato la qualità musicale) ho molta stima ed ammirazione, ha portato negli anni ’90 altri nomi di rilievo quali Porcupine Tree, Spock’s Beard, Flower Kings, Echolyn ed altri, che traggono ispirazione dai maestri degli anni ’70 e sfruttano le tecnologie oggi disponibili, riuscendo a produrre Progressive Rock di ottimo livello, anche se sovente peccano di originalità e talvolta di feeling.
Sebbene abbia ascoltato molta musica nel corso della mia esistenza (e molta ne ho suonata dietro ai tamburi che vedete in immagine…), il Prog è il genere musicale che preferisco ascoltare più di ogni altro, forse perché la sua base romantico-barocca, imperniata sulle ritmiche spesso in tempi dispari, gli assoli tirati allo spasimo, gli incastri musicali di inevitabile fascino e i vocalists ispirati e appassionati, riescono ad entrare più in sintonia con i “tratti somatici” del mio carattere.

Pur essendo in possesso di un discreto bagaglio di nozioni di base, non sono quello che si può definire un “esperto”: non ho nella mia testa date, luoghi e nomi e tutte quelle nozioni di cui fanno sfoggio i partecipanti ai quiz televisivi (e qualche amico appassionato più di me!).
Non sono uno “studioso”, perché acquisisco quasi unicamente le informazioni di cui sento il bisogno per approfondire la conoscenza di un musicista, di una band, di un filone musicale (in questo la Mailing List dei Marillion, di cui faccio parte dal 2000, e Internet, in quanto inesauribile fonte di informazioni, mi hanno reso un enorme favore). Il mio vantaggio è che non faccio fatica a ricordare ciò che apprendo, anche se mi capita di leggerlo di sfuggita….

Ritengo di non essere un ascoltatore “di nicchia”, perché ascolto con uguale passione diversi generi musicali, tentando di carpirne le “buone vibrazioni” e farle mie. 
Credo di essere un semplice appassionato e che la mia forza sia nell’ascoltare la musica con tutto il corpo, piuttosto che soltanto con le orecchie o con la testa, e questo mi trasmette un mare di sensazioni, talvolta fra loro contrastanti, come ad esempio un mix di energia e malinconia. Perchè l'energia viene dal corpo e la malinconia dalla testa!

Credo che la musica, qualunque essa sia, possa essere assimilabile ad una sorta di linguaggio universale e sebbene io ritenga che le sensazioni che si provano all’ascolto siano generalmente soggettive, immagino che alcune di esse siano invece comuni e condivisibili: soltanto che nessuno sa, in realtà, cosa prova un altro individuo ascoltando lo stesso passaggio musicale!
Non credo che esista, in tutta la bibliografia musicale, qualcuno che si sia cimentato nel descrivere le sensazioni che prova ascoltando la musica, quali sono i passaggi musicali, i riffs, gli assolo, le lyrics o le interpretazioni che più lo hanno catturato, coinvolto, ispirato, fatto soffrire, generato un vuoto allo stomaco ed alla testa, estesa o rannicchiata la sua essenza o, in modo virtuale, il suo corpo stesso.

Io tenterò di trasmettere le sensazioni che provo io, sperando di riuscire nel difficile compito di descrivere uno stato d’animo ora inebriato, ora sconvolto, ora allegro, ora disperato e le sensazioni fisiche e mentali che vi si accomunano. Se qualcuno riuscirà a scorgere, fra le righe, sensazioni a lui familiari, comprenderà anche perché persone come noi non possano stare a lungo lontane dalla musica (ascoltata e suonata!), se non con estrema sofferenza interna, e dal benessere che essa riesce a trasmetterci quando riusciamo ad immergerci nelle sue onde: ora tranquille e rilassanti come uno sciabordio, ora sferzanti e impetuose come un maremoto, ma sempre estremamente coinvolgenti.

She gave me love, when love had gone away…” – Anderson Wakeman Bruford & Howe